Corte Edu, il lavoro giornalistico va tutelato anche senza accredito

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Con la sentenza Butkevich, depositata il 13/02/2018, la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ha formulato un interessante orientamento sulla portata dell’estensione del diritto alla cronaca in relazione all’esplicazione della professione giornalistica. La raccolta delle informazioni, per i giudici europei, è un elemento preparatorio fondamentale ed essenziale nel giornalismo e deve, perciò, essere protetto in nome della libertà di stampa. Il riferimento è all’art.10 della CEDU, che tutela la libertà di espressione (comma 1) e disciplina le fattispecie per cui quest’ultima può essere limitata o condizionata (comma 2). Dalla pronuncia della corte di Strasburgo si può dedurre che il giornalista non accreditato da stampa o televisione possa comunque raccontare avvenimenti di interesse pubblico, pur violando il divieto di partecipazione ad una manifestazione. I fatti da cui si origina l’orientamento CEDU riguardano la partecipazione di un giornalista ucraino ad una manifestazione anti-globalizzazione a San Pietroburgo. Ignorando il divieto posto dalle forze di sicurezza, il reporter si è unito all’evento per darne un accurato resoconto. Per questo motivo è stato sottoposto a fermo e sanzionato con una detenzione amministrativa di due giorni. Per la Corte di Strasburgo le autorità nazionali hanno sbagliato nell’identificare il ricorrente come privato cittadino, e non come giornalista.
In passato la Corte EDU ha sottolineato a più riprese la delicatezza dell’applicazione del secondo comma dell’art.10 della Convenzione. Il diritto interno deve essere formulato con precisione, al fine di permettere alle persone interessate di prevedere, a un livello ragionevole rispetto alle circostanze, le conseguenze che possano risultare da un determinato atto. Inoltre deve essere formulato con una chiarezza sufficiente per assicurare all’individuo “una protezione adeguata contro un’ingerenza arbitraria” dei poteri pubblici. Ogni limitazione del diritto dei giornalisti di non rivelare un’informazione che permetta di identificare la propria fonte, e ogni lesione all’interesse generale legato alla non divulgazione, deve rispondere a un interesse legittimo corrispondente a uno di questi motivi. A questo riguardo, l’articolo 10 paragrafo 2 deve essere oggetto di un’interpretazione ristretta, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Dunque deve essere stabilito in maniera probante che la divulgazione risponda ad un interesse legittimo che chiaramente abbia il sopravvento sull’interesse generale legato alla non-divulgazione.

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