Il disegno di legge SB 242 meglio noto come “Social Networking Privacy Act” presentato al Senato della California nel febbraio di quest’anno ed emendato il 2 maggio scorso, pochi giorni fa ha passato la revisione legislativa e pende ora come una spada di Damocle sulla testa di uno dei principali social network che hanno sede in quello stesso Stato.
Ad una prima lettura, il testo del progetto scritto dal Senatore democratico Ellen Corbett (D-San Leandro) sembrerebbe abbastanza conciliante. Lo scopo sarebbe quello di vietare a tutti i social media come Facebook, Twitter, MySpace, Skype o Match.com, la visualizzazione in un campo appositamente creato e dunque accessibile al pubblico o ad altri iscritti al servizio, dell’indirizzo di casa o del numero di telefono dell’utente di uno di quei siti web, senza che abbia fornito il proprio esplicito consenso. Eppure continuando a scorrere il contenuto della proposta di legge, è facile intuirne i motivi di disapprovazione da parte degli stakeholder del settore, specie nel punto in cui vi si prescrive che i nuovi utenti, sin dalla prima registrazione, impostino le opzioni di privacy desiderate quale passaggio obbligato per la creazione dell’account, mediante la compilazione di un modello predefinito che dovrà essere esposto da tutti i siti di social network in un linguaggio chiaro e in un format facile all’uso. In definitiva, la bozza di legge proibirebbe in maniera preventiva la visualizzazione pubblica di qualsiasi dato di identificazione personale dell’utente registrato ma anche di informazioni sulla propria localizzazione corrente oltre che la pubblicazione di fotografie e video amatoriali trasmessi o scambiati sulla piattaforma di turno senza il previo consenso del legittimo proprietario che dovrà così rendere esplicite le proprie preferenze compilando un apposito modulo elettronico al momento della sottoscrizione del contratto d’uso del servizio. È lo stesso senatore Corbett a chiarirlo: “Non dovreste fare il sign-in e rinunciare alle vostre informazioni personali prima di giungere alla parte in cui voi dite per favore non condividete le mie informazioni personali”. La bozza di legge diventa interessante soprattutto nella parte volta a tutelare i minori di 18 anni che senza il consenso dei rispettivi genitori non devono essere autorizzati dai gestori dei social network ad usufruire del servizio, obbligando inoltre quest’ultimi a provvedere entro e non oltre le 48ore all’eliminazione di qualsiasi informazione pubblicata illecitamente. Un aspetto del provvedimento che diviene ancora più incisivo alla luce dei dati di un recente studio sulla sicurezza dei consumatori della Rete negli Usa (Annual State of the Net Survey) pubblicato su ConsumerReports.org, ricerca, che ha attestato la presenza su Facebook di ben 20milioni di minori di cui 7.5milioni aventi meno di tredici anni. Il social network che disattenda a tali nuove prassi di gestione della privacy dei propri utenti (si legge nel testo) potrà incorrere in sanzioni civili pari ad un importo non superiore ai 10.000 dollari per ciascuna violazione riscontrata e rivendicata dalla singola parte lesa.
Maggiori responsabilità per i social network, dunque, sembrerebbe essere lo slogan del provvedimento che andrebbe a rivoluzionare e forse in parte “compromettere” il normale e disinvolto funzionamento di un sistema di condivisione che sino ad ora ha dimostrato di soprassedere sulla lettura o meno da parte degli utenti delle regole di gestione della propria privacy come del copyright delle informazioni veicolate in Rete. A tutto vantaggio dei gestori dei siti che fungerebbero così da semplici intermediari nelle segnalazioni di eventuali violazioni.
Intanto i diretti interessati come Facebook, Twitter, Google, Yahoo!, Zynga, Skype e Match.com hanno già espresso il proprio disappunto in una lettera inviata alla senatrice democratica autrice di una proposta che, sottolineano, “metterebbe a repentaglio la capacità dei cittadini californiani di fare scelte consapevoli e pertinenti circa l’uso dei loro dati personali, oltre a recare un grave danno all’industria di Internet in California”, che, proprio dal lavoro di queste imprese, deve larga parte delle proprie entrate e la propria crescita. Quest’ultimo punto sembrerebbe il più convincente di tutti. Specie se si considera che, allo stato attuale, solo una minima parte degli utenti sembrerebbe portato a leggere le avvertenze d’uso prima di iscriversi ad un social network, ignorando di fatto le regole e informandosi magari troppo tardi su come comportarsi nel caso di un potenziale furto di identità a scapito della propria persona.
Ma quello che lascia più perplessi è però l’esteso campo di applicazione della norma che per la definizione stessa data di “Social networking Internet Web site”, includerebbe anche tutti i più popolari siti di incontro, le interfacce web di apprendimento condiviso ed i sistemi di gestione dei contenuti provvisti di profili pubblici. Una estensione della fattispecie normativa, dicevamo, che potrebbe così risultare di difficile applicazione.
Manuela Avino