La compagnia Internet cresciuta più in fretta della storia, l’azienda passata da 400 a 80 milioni di clienti in due anni, rischia di diventare anche quella più veloce a crollare. Gli investigatori della Sec, cioè la Consob di Wall Street, indagano sulla storia prima felice, poi dolentissima e oggi quasi funesta di Groupon, la società che ha lanciato il fenomeno del social shopping. Lo scatto dei poliziotti della Borsa era temuto: come si fa a non intervenire quando la società che prometteva miracoli è costretta a rivedere per la seconda volta nel giro di un mese, e naturalmente al ribasso, tutti i suoi ricavi?
L’annuncio, arrivato venerdì scorso, di aver dovuto constatare “la debolezza materiale nei proprio controlli interni” aveva fatto crollare proprio il titolo del 14 per cento: anche perché dietro a quella simpatica espressione si nascondeva la candida ammissione di non avere messo da parte abbastanza cash per risarcire i suoi clienti. La compagnia aveva già riportato una perdita di 37 milioni nel suo ultimo quadrimestre. Ma la nuova conta costringe adesso ad aggiungere altri 22 milioni di perdite e ridurre i ricavi di 14.3 milioni: mica una bella performance per l’azienda che li aveva moltiplicati finora per ventimila.
Tutto è cominciata con questa benedetta quotazione in Borsa. La società aveva sbandierato ricavi da oltre 700 milioni. Ma quando sempre la Sec aveva chiesto di vederci più chiaro era saltato fuori che i ricavi erano solo la metà: l’altra andava ascritta ai partner, cioè ai negozi che partecipano al gioco. Il miracolo del social shopping è presto detto. Groupon significava appunto coupon di gruppo: il cliente acquista il coupon per un servizio che diventa a prezzo scontatissimo – dalla pizza alla crociera – proprio perché ad acquistarlo contemporaneamente e in quel breve lasso di tempo sono in tanti. Però i soldi che la compagnia di Chicago incassa vanno divisi appunto con i negozi partner: e invece il genio fondatore di Andrew Mason, l’ex musicista che in pochi anni ha portato questa azienda da 7 a 7mila dipendenti, aveva fatto segnare la cifra in nero tutta sotto il nome della sua creatura.
Prima della calata in Borsa, con conseguente disvelamento delle carte e, quindi, dei trucchi, la compagnia era stata valutata 20 miliardi di dollari: più del triplo di quello che Google aveva offerto un anno fa per acquistarla. Al debutto di Wall Street le azioni erano volate così da 20 a 31 dollari. Sembrava un record. Ma a poco a poco il valore è sceso a 15.70 dollari. Per carità: stiamo ancora parlando di un’azienda che viene valutata 10 miliardi di dollari. Ma è il tradimento dell’aspettativa che conta. E soprattutto quello degli investitori. Il gruppo di Chicago paga anche la concorrenza diretta di Amazon, Google e gli altri giganti che si sono subito buttati anche loro nel giochetto dei coupon: mica c’è un copyright sullo shopping sociale. Riusciranno a riprendersi dalla botta? E la lezione del gigante che si scopre dai piedi di argilla potrà insegnare qualcosa alla vigilia della discesa in Borsa, attesa per questo maggio, di Facebook superstar, già valutata 100 miliardi di dollari?
Il funambolico Mason, un tipo così creativo da assoldare attori e clown per allietare le giornate dei suoi dipendenti, per ora esprime fiducia nel consulente finanziario Jason Child, l’ex manager di Amazon che gli esperti giudicano responsabile di questo disastro. D’altronde un’inchiesta della Sec non è certo una condanna. Ma il crollo del titolo, quello sì che lo è. Ed è anzi la condanna di chi, in questo gioco crudele, conta ancora più della legge: quello stesso mercato che aveva regalato a Groupon il titolo di azienda cresciuta più in fretta, troppo in fretta, della storia.
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