Il diritto all’oblio costringe alla chiusura un giornale abruzzese. PrimaDaNoi.it ha cessato le pubblicazioni: troppe e tali le richieste, tante ed eccessive le spese legali che alla società che edita il quotidiano online sono mancati i soldi per pagare i giornalisti.
Una lettera del direttore Alessandro Bianciardi, lunga e amarissima, annuncia la fine di un’esperienza lavorativa, di un’azienda proprio nelle stesse ore in cui la libertà di stampa e la necessità del pluralismo sui territori tiene banco per le accuse e le azioni ventilate (punitive?) ventilate da alcuni esponenti del governo Lega-M5S.
Tutto è cominciato nel 2010 quando i giudici costringono il quotidiano a rimuovere un articolo su un accoltellamento avvenuto in un ristorante di Ortona, in provincia di Chieti. Su richiesta del titolare dell’attività, la magistratura dispone la rimozione e condanna il giornale a rifondere danni e spese legali. Il problema è che in Italia non esiste ancora una legge che tuteli e regolamenti il tema. Così, accusano i giornalisti, si sono trovati a dover soccombere a causa di una legge che non esiste.
La polemica non è cessata e, quando il caso ha iniziato a far giurisprudenza, il quotidiano è stato letteralmente sommerso di richieste in tal senso per il diritto all’oblio. Troppe, tante al punto da indurre il giornale a chiudere.
L’ultimo atto è stato quello di trasformare le candeline del compleanno di una testata in un lugubre cero funebre. “E’ la fine di un sogno che si è trasformato in un incubo, poichè spesso siamo diventati noi il nemico di troppi e il bersaglio da colpire. PrimaDaNoi.it muore per asfissia lentissima: un quotidiano vive di pubblicità ma siamo stati bravini a raccogliere quella nazionale e pessimi a convincere gli imprenditori sotto casa. Chissà perchè…”.
E quindi: “PrimaDaNoi.it muore per l’isolamento nel quale è stato relegato solo perchè siamo stati “cattivi” con i potenti e qualche difficoltà (piccolissima) in questi lunghi anni gliela abbiamo pure creata. PrimaDaNoi.it – spiega Bianciardi – muore perchè in questa terra, oggi, la verità, l’informazione, il giornalismo d’inchiesta non sono ritenuti ancora beni vitali dal cittadino comune”.
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