Sembra una boutade ma non lo è: quattro studenti universitari su dieci non studiano sui libri per superare gli esami. Non si tratta di geni che imparano tutto a voce né di chissà quali raccomandatoni. La realtà è ben diversa. E secondo l’Aie, l’associazione italiana degli editori, rischia di diventare un trend sempre più ampio e seguito. Gli studenti preferiscono studiare su riassunti scaricati sul web, dispense, registrazioni e sbobinature, slide, quiz. È questo il risultato della ricerca su “Le abitudini di studio all’Università” che è stata presentata ieri mattina alla Camera dei Deputati a Roma. Il lavoro è stato realizzato da Talents Venture ed è stato presentato alla presenza di Anna Ascani, vicepresidente della Camera dei deputati, Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei deputati e del presidente di Aie Innocenzo Cipolletta. Un dibattito a partire dai dati, su cui si sono confrontati Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze e delegata per la didattica della Conferenza dei Rettori (Crui), Andrea Gavosto, direttore Fondazione Agnelli e Maurizio Messina, presidente Gruppo accademico professionale e vicepresidente di Aie e concluso da Cristina Rossello, deputato e consigliere del ministro dell’Università e della Ricerca.
I numeri non mentono: il 59% degli studenti ha dichiarato di aver studiato su libri e risorse digitali editoriali per preparare l’ultimo esame. I materiali più utilizzati dagli studenti, nella maggior parte dei casi accanto ai libri, ma talvolta da soli, sono però quelli forniti dai docenti – saggi, dispense, quiz – citati nel 78% dei casi, e quelli autoprodotti, come appunti e mappe concettuali, indicati nel 71%. Il 54% degli studenti, infine, utilizza appunti e dispense forniti dai colleghi o scaricati online.
“La ricerca ci dice che esiste una parte di studenti, minoritaria ma ampia, che rifugge l’approfondimento sui materiali editoriali universitari, siano essi libri o contenuti digitali – ha sottolineato Maurizio Messina – Ci preoccupano, come editori attenti alla crescita culturale del Paese, modi di studio che costruiscono un sapere fragile, per questo vogliamo aprire un dibattito sulla formazione delle future classi dirigenti che si troveranno ad affrontare una contemporaneità sempre più complessa”. Per Innocenzo Cipolletta, presidente Aie: “Questa ricerca ha un valore pubblico non tanto per quello che ci dice sulla diffusione dei prodotti editoriali universitari, tema pure a noi caro, quanto per come questo dato abbia poi un riflesso immediato nella costruzione di una cultura solida e approfondita tra i laureati italiani. Aie ha sempre sostenuto che la crescita economica e civile del Paese è legata al grado di preparazione culturale dei suoi cittadini: questo è il punto che dobbiamo discutere e su cui lavorare”.
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