SCONTRO IN PROCURA SUL “CASO SALLUSTI”. DECIDERÀ IL GIUDICE DI SORVEGLIANZA. INTANTO 6 MILA CONDANNATI IN CELLA SENZA DOMICILIARI

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Edmundo Bruti Liberati, capo della Procura di Milano, vuole i domiciliari per Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione. La pratica è già nelle mani del giudice di Sorveglianza. Ma l’ufficio esecuzione pene e la Camera penale si oppongono: “non è corretto”, fanno notare. “Centinaia di condannati non hanno goduto di identico trattamento”. Anche Sallusti concorda: «Decisione ingiusta. Serve solo a salvare la faccia degli stessi magistrati e quella del governo». Intanto i dati forniti dal Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) rivelano che, nonostante gli effetti della legge “svuota carceri” sono ancora 6 mila i detenuti con “mini pene” a carico. Ma procediamo con ordine.
Bruti Liberati sta cercando di “salvare”l’ex direttore di “Libero” dalla galera. Il capo della procura meneghina ha trasmesso gli atti al magistrato di Sorveglianza, Guido Brambilla, che dovrà decidere entro 5 giorni (ma è un limite non vincolante) se accettare la richiesta o mandare Sallusti dietro le sbarre.
La “scappatoia” è a portata di mano. Basterebbe, infatti, applicare la legge n.199 del 2010, la cosiddetta “svuota carceri” (ideata dall’ex ministro della Giustizia Angelino Alfano e poi modificata dall’attuale Guardasigilli Paola Severino nel 2012). Si tratta del dispositivo che prevede la possibilità di concedere misure alternative al carcere, tra cui, appunto,gli arresti domiciliari. Ma servono delle condizioni. La pena, ad esempio, deve essere inferiore a 18 mesi. Ancora. Il condannato non deve essere recidivo. Il colpevole non deve essere pericoloso socialmente, ovvero non deve esserci il rischio che ricaschi nel reato. E poi: non deve esserci il pericolo di fuga. Inoltre, potrebbe sembrare scontato, ma in questo caso non lo è, la misura dei domiciliari dovrebbe essere espressamente richiesta, anche dal diretto interessato. Il quale, come detto, non sembra proprio dei più convinti.
Insomma: il caso del direttore del Giornale non è proprio dei più semplici.
Sembrano esserci solo due condizioni che non danno adito a dubbi e perplessità: la durata della condanna e il mancato pericolo di fuga. Sulla prima non ci piove. I 14 mesi comminati a Sallusti rientrano nel limite consentito. E poi anche il pericolo di fuga è remoto. Immaginare il direttore del Giornale che scappa via dall’Italia appare inverosimile.
Per quanto riguarda la recidività, l’ex direttore di Libero avrebbe altre sei condanne definitive. Inoltre la Cassazione, così come rimarcato più volte dallo stesso Sallusti, ha deciso la pena detentiva perché lo ha ritenuto “pericoloso socialmente”. In altre parole il condannato, essendo il direttore di un giornale, potrebbe continuare a diffamare. Quindi meglio metterlo in cella in modo da non fargli combinare altri “guai”.
E poi c’è una questione fondamentale. Tanto importante quanto inusuale. Sallusti non ha chiesto l’applicazione di misure alternative. Lo ha dichiarato lui stesso più volte: «Non ho chiesto i domiciliari. Non ne ho i requisiti. Concederli a me sarebbe un’ingiustizia. Si tratta di un tentativo della magistratura di salvare se stessa da una figura meschina. Bruti Liberati ha chiesto i domiciliari per acconsentire al volere del presidente della Repubblica, comunista, Giorgio Napolitano, del premier Mario Monti e del ministro della Giustizia, Paola Severino. Tutti vogliono evitare una vergogna mondiale».
Per il direttore del quotidiano di Via Negri c’è solo una soluzione giusta dal punto di vista normativo: «Un decreto legge che risolva questa situazione». In altre parole Sallusti rispolvera l’antico, ma sempre attuale, detto socratico: le leggi non vanno evase, ma cambiate, se è necessario.
Il problema è molto dibattuto anche all’interno della Procura di Milano. la Camera penale del tribunale ambrosiano non è d’accordo con la decisione di Bruti Liberati. E alla “protesta” si è unita anche Nunzia Gatto, procuratore aggiunto e responsabile dell’ufficio esecuzione pene. Il magistrato sembra intransigente: non vuole lasciar passare la questione. E ha messo per iscritto la sua dissociazione.
Qualora Guido Brambilla dovesse accogliere la richiesta di Bruti Liberati, sia la Gatto che la Camera penale hanno dichiarato che trasmetteranno al Tribunale di Sorveglianza centinaia di fascicoli di altri condannati con pene inferiori ai 18 mesi che non hanno chiesto misure alternative. Il tutto perché la legge è (o dovrebbe essere) uguale per tutti.
Bruti Liberati ha argomentato la sua mossa affermando che il legislatore ha lasciato margini discrezionali su dei casi «residuali» (tra cui rientrerebbe, appunto, anche quello di Sallusti). Inoltre ci sarebbe una lieve differenza tra la detenzione domiciliare e l’esecuzione della pena presso il domicilio. “Strani” cavilli legali.
Ad ogni modo i fascicoli da mandare a Brambilla rischiano di essere più delle “centinaia”. Il Giornale, il quotidiano diretto da Sallusti, oggi ha pubblicato i dati fornitigli dal Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria). E si tratta di numeri molto significativi.
Nel 2009 sono andati in galera 7.307 persone: 3.276 per pene inferiori ad 1 anno; 4.031 fino a 2 anni. Nel 2010 siamo arrivati a 7.223 carcerati: 3.253 con pene fino ad 1 anno; 3990 fino a 2.
Qualcuno, ovviamente obbietterà che in quegli anni non c’era ancora la legge “svuota carceri”, con il limite a 12 mesi. Giusto. Ma nel 2011, con la norma in vigore, i numeri sono calati di poco. Sono, infatti, ancora 6.455 i detenuti in cella: 2.733 con pene fino ad 1 anno e 3.722 fino a 2.
Poi nel 2012 è arrivata la modifica della Severino. Il limite per chiedere l’applicazione di misure alternative è stato fissato a 18 mesi. Ma i numeri, aggiornati al 14 novembre, sono comunque rimasti alti: i detenuti? 2.426 quelli con condanne fino ad 1 anno e 3.569 fino a 2. Per un totale di 5.995, vale a dire circa il 10% dei detenuti complessivi nazionali che arrivano a 66.500.
Si tratta, dunque, di una grossa fetta di carcerazioni che potevano essere evitate. Certo dipende dai casi. Tra questi ci sono i recidivi (come Sallusti?), coloro che potrebbero reiterare il reato (come Sallusti?), e gli stranieri che non hanno chiesto i domiciliari e si sono rassegnati al loro destino (più o meno come Sallusti, che però straniero non è).
E dire che sarebbe bastato una breve riforma o un decreto legge per evitare questo caos.

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