Quasi un mese fa i giornalisti del Messaggero, del Mattino e del Gazzettino hanno messo in scena una protesta per sostenere i poligrafici che da tempo sono in rotta di collisione con il gruppo Caltagirone, editore dei tre giornali. Nell’occasione i comitati di redazione dei tre giornali hanno fatto sapere di essere “al fianco dei colleghi poligrafici impegnati in una durissima vertenza contro il Gruppo Caltagirone che in maniera unilaterale ha trasferito a società terze pezzi della filiera produttiva editoriale procedendo a cambiare il contratto di lavoro di riferimento”.
La vicenda nasconde alcuni aspetti piuttosto particolari, e in alcuni casi paradossali, che ne fanno uno dei migliori esempi per illustrare l’attuale momento vissuto dai giornali. Lo specchio di una crisi, come ci racconta Claudio Silvestri, segretario del Sugc (Sindacato unitario giornalisti della Campania), a cui si può e si deve rispondere al più presto.
Qual è lo stato attuale dell’editoria relativamente ai quotidiani?
La crisi dell’editoria cartacea sul nostro territorio non accenna ad arrestarsi. I giornali, da quelli dei grandi gruppi editoriali a quelli locali, continuano a perdere copie. Ci troviamo di fronte ad una crisi di sistema, che necessita di risposte strutturali.
La vertenza dei poligrafici del Mattino può essere la spia di un disagio che riguarda l’informazione anche da un punto di vista giornalistico?
La vertenza dei poligrafici è la conseguenza diretta di questa crisi strutturale di un certo tipo di informazione, quella che ha come supporto fisico la carta e sulla quale si regge l’attuale organizzazione del lavoro nelle redazioni.
Un aspetto di questa vicenda è piuttosto strano: tre giorni di sciopero solo nella scorsa settimana per tre giornali dal grande bacino d’utenza, sono passati quasi sotto silenzio…
L’aspetto più inquietante di questa vicenda è l’iniziativa unilaterale da parte dell’editore, un atteggiamento inaccettabile. Non entro nel merito della strategia adottata nella vertenza. Tuttavia, i giornalisti, appoggiando la protesta con lo sciopero, hanno dato un segnale importante: il metodo Caltagirone va respinto con tutte le forze.
Anche giornalisti di altre testate (Repubblica, Corriere della sera) hanno partecipato alla protesta dandole più forza, ma anche in questo caso i loro giornali, né le tv, hanno dato notizia dello sciopero. Come si può spiegare?
Questa è una cattiva abitudine che ci deriva da anni di indifferenza: quando c’erano le vacche grasse qualcuno ha coltivato l’idea che si potesse fare a meno del sindacato. In tempi drammatici come questi, siamo impegnati nel recuperare autorevolezza ed energie per affrontare il “nemico”.
Questa vertenza che parte dal gruppo Caltagirone può essere una sorta di cavallo do troia? Può aprire la strada a stravolgimenti dei contratti del settore?
È un pericolo che dobbiamo contrastare con ogni mezzo.
E può anche arrivare a penalizzare la funzione e i compiti dei giornalisti?
Questa è sempre stata la volontà degli editori. Sul tavolo delle trattative c’è sempre stato il ridimensionamento dei contratti. Bisogna adeguare l’organizzazione del lavoro a nuovi modelli, ma in questo passaggio importante è necessario conservare garanzie e dignità del lavoro. Dobbiamo rendere il nostro contratto più attuale, ma allo stesso tempo difenderne gli istituti. In questo il sindacato ha un ruolo importante.
In futuro gli editori potrebbero essere tentati di intervenire ancora più pesantemente nell’organizzazione del lavoro delle redazioni?
In futuro? Sono sempre stati tentati.
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