Editoria

Schettino (Metropolis): “Il giornalismo oggi sulla trincea di una battaglia di civiltà”

Il giornalismo è racconto della realtà. Che, perciò, non può prescindere dalle regole proprie dell’hic et nunc. Ma ciò non significa appiattirsi alla rincorsa del presente ma impone di pensare anche alla futuribilità. Perciò Metropolis, giornale leader dell’area vesuviana, testata storica operativa tra il capoluogo campano, la provincia di Napoli e quella di Salerno, cambia veste grafica e muta strategie per garantire un futuro a un quotidiano che ha scritto pagine importantissime della storia recente del suo territorio. Di questo parla il direttore Raffaele Schettino.

 

Metropolis cambia veste grafica e si affida a una nuova concessionaria per la Pubblicità. Da dove nasce e con quali obiettivi l’esigenza del cambiamento?

“Il cambiamento è l’essenza della nostra professione. Rinnovarsi per essere al passo con i tempi, e per rispondere alle esigenze dei lettori. Cambiare non vuol dire però disconoscere i principi del giornalismo, che secondo me non può prescindere dalla passione e dall’approfondimento. La nuova grafica propone un giornale più snello e dinamico, è un percorso evolutivo che interessa il quotidiano in edicola e quello e-digital, ma che si allarga al sito internet che nelle prossime settimane sarà rilanciato nella forma e nella sostanza”.

La missione di un giornale è quella di essere presidio di libertà. Come la interpreta Metropolis all’epoca di internet? Dobbiamo davvero credere che non ci sia più spazio per la “carta”?

“La carta non morirà mai, a patto che sappia raccogliere le sfide del futuro e riesca ad aprirsi ai giovani, che saranno i lettori del futuro. Un giornale fatto di carta e ossa ha senso se guarda dentro la notizia, se propone ai lettori riflessioni e inchieste. Non può battere Internet e i social sul tempo, e non può avere lo stesso modello. Un giornale, nella sua versione cartacea, deve porsi coraggiosamente come strumento di approfondimento e deve puntare sulla qualità, anche se questo significa costi maggiori.

E con la disintermediazione del web, come si interpreta il rapporto tra una testata e la complessità sociale del territorio?

“Il web fa parte della nostra esistenza, ognuno di noi e connesso in ogni ora del giorno e della notte. Al netto del fatto che sia giusto o meno, è la realtà, e bisogna tenerne conto. Tuttavia il rapporto con il territorio prescinde dallo strumento che viene utilizzato da chi fa informazione. Un giornale, un giornalista, è riconosciuto per la sua credibilità, per la sua professionalità, per la sua capacità di essere al servizio dei lettori, e quindi dei cittadini. In questo caso lo strumento non fa molta differenza, conta il brand. Nel nostro caso, e mi riferisco ai Comuni della provincia sud di Napoli, Metropolis rappresenta un punto di riferimento per i cittadini. Siamo in edicola dal 1993 e ci siamo ancora. Abbiamo commesso errori, certo, ma abbiamo anche condotto mille battaglie nell’interesse della terra che amiamo. Abbiamo sfidato la camorra, il malaffare, l’illegalità, e non lo abbiamo fatto per essere eroi, ma perché facciamo il nostro lavoro con passione e dedizione. Ecco, questo ci viene riconosciuto, e questo ci dà forza”.

Forma, talora, è sostanza: la cooperativa di giornalisti, cosa vuol dire essere “editori di se stessi”?

“Significa sacrificare la propria vita per una professione che amiamo. Significa gestire il giornale non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche dei costi. Significa anteporre l’interesse comune a quello individuale. Significa rinunciare a una parte degli stipendi più o meno corposa a seconda delle contingenze economiche. Ognuno dei soci è giornalista e amministratore al tempo stesso, e questo rende tutti più responsabili. Si avverte forte il senso di appartenenza e i sacrifici che abbiamo affrontato, e che ancora affronteremo, hanno trasformato Metropolis in un gruppo monolitico. Cronisti pronti a morire per un sogno”.

Metropolis è una realtà dinamica che ha saputo proporre progetti interessanti, tra cui quello di M-Young che in queste ore torna in edicola con un nuovo numero…

“Metropolis Young è il nostro orgoglio. Per ora è un progetto pilota che abbiamo messo in piedi con la collaborazione del professore Derrick De Kerckhove: quattro pagine da sfilare al centro del giornale, ma nei prossimi mesi diventerà un allegato vero e proprio. Abbiamo coinvolto 60 ragazzi di tre licei tra Castellammare, Torre Annunziata e Pompei, e altri se ne aggiungeranno: abbiamo dato loro quattro pagine bianche e abbiamo chiesto di riempirle con articoli che raccontino il loro mondo. E ci hanno già insegnato migliaia di cose. In cambio vogliamo trasmettere loro la passione per il giornalismo, la curiosità, la voglia di divorare cultura, che oggi, purtroppo, non è più un insegnamento scontato. Le riunioni di redazione, con tutti questi ragazzi che si sono integrati in maniera splendida, sono qualcosa di magico. Diciamo un’esplosione d’amore e di vitalità”.

Alle sfide economiche e sociali, oggi, si aggiunge una sfida “politica” dato l’approccio che il governo ha inteso assumere nei confronti dei giornali. È davvero in discussione la libertà? E come fare per “resistere”?

“Più che una sfida politica è una battaglia di civiltà. Il giornalismo è in trincea per la resistenza. Sono in pericolo la democrazia, la libertà di pensiero, la pluralità d’informazione, la cultura, la meritocrazia, i modelli di integrazione sociale, gli alti valori umani che faticosamente sono stati costruiti in passato. Tutto sta tragicamente scomparendo sotto i colpi dell’odio, dell’intolleranza e della mediocrità. Paradossalmente il governo grilloleghista non è la causa, ma la conseguenza logica di una deriva sociale e culturale pericolosissima iniziata già da qualche anno. Certo, il governo del finto cambiamento e della regressione ci ha messo del suo per rendere tutto più tragico, ed è per questo che adesso più che mai bisogna restare in trincea. In quanto all’editoria, palesemente è finita vittima della propaganda più becera e ignobile. Il fatto stesso che il governo si sia sottratto al confronto è la prova della loro allergia al confronto. I tagli ai contributi sono una clava agitata per tentare di addomesticare la stampa libera e chiaramente produrranno effetti devastanti. Chiuderanno centinaia di testate locali e spariranno tante voci libere negli angoli del Paese per la gioia delle mafie e dei corrotti. E poi c’è una verità che Di Maio e Salvini tacciono ai loro elettori. Il fondo per i contributi ai giornali non è stato cancellato, semplicemente sono cambiate le regole: i contributi non saranno più percepiti a chi ne ha diritto per legge, e di conseguenza rispetta paletti rigidissimi quali assunzioni, correttezza contributiva e bilanci certificati, saranno invece distribuiti sulla base di decreto della presidenza del consiglio, cioè in maniera del tutto discrezionale. Insomma, la pluralità d’informazione è stata sacrificata per una gigantesca e volgare opera di clientelismo”.

(giovanni vasso)

Salvatore Monaco.

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