Lo scrittore Roberto Saviano va all’attacco del Governo Lega-M5S per i tagli all’editoria decisi, che mettono a rischio la sopravvivenza di alcune testate giornalistiche.
In un lungo editoriale pubblicato venerdì 7 dicembre 2018 su La Repubblica, Saviano lancia l’allarme, in particolare, per la possibile chiusura di Radio Radicale e dei quotidiani Avvenire e Il Manifesto.
“La furia di questo governo si abbatte sui media più piccoli, ma non marginali, che a causa dei tagli all’editoria rischiano la sopravvivenza. “, scrive l’autore del libro Gomorra.
“La giustificazione? Il risparmio Ma si può mai risparmiare su Radio Radicale che ci permette di assistere e comprendere i processi decisionali entrando nelle stanze del potere? Si può risparmiare su Avvenire che racconta, ogni giorno e quasi da solo, le sorti dei migranti in mare? Si può risparmiare sul Manifesto che è rimasto tra i pochissimi quotidiani a occuparsi con assiduità di temi sociali con un taglio diverso, mai banale?”, domanda provocatorio Saviano.
La misura a cui si riferisce lo scrittore è quella del taglio ai fondi per l’editoria concordata dai vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio e sostenuta, in particolare dal Movimento Cinque Stelle.
Il Governo prevede a partire dal 2019 una serie di sforbiciate progressive che porteranno nel 2022 all’azzeramento totale dei contributi. Tra le testate coinvolte, Avvenire dovrà rinunciare a 5,9 milioni di euro, Italia oggi a 4,8 milioni, Libero a 3,7 milioni, Il Manifesto a 3 milioni e Il Foglio a 800mila euro.
Leggermente diverso il caso di Radio Radicale, per cui è previsto già dal 2019 il dimezzamento da 10 a 5 milioni di euro del corrispettivo economico previsto dalla convenzione tra la radio e il Ministero dello Sviluppo economico.
“Proprio quel Movimento e quel governo che si presentano come difensori dei diritti del ‘popolo’ impediscono poi al ‘popolo’ di avere accesso alla conoscenza, determinando la chiusura di realtà fondamentali. Mai nessun governo, da quando esiste la convenzione con Radio Radicale, aveva osato tanto. Mai”, scrive Saviano.
“Esiste una politica che preferisce cittadini disinformati, resi timorosi e pieni di rancore da semplificazioni della realtà che sono veri e propri attacchi alla democrazia, ed esisteva, perché adesso non esiste più, una politica capace di volere bene e esortare in maniera sfrontata, quasi impertinente, come faceva Pannella, a non avere paura del prossimo, ma fiducia nelle persone e nella conoscenza”, prosegue lo scrittore.
Saviano punta il dito contro Vito Crimi, sottosegretario all’editoria (M5S): Radio Radicale, scrive, “ha subito il taglio del 50 per cento della convenzione che ha con il Mise, e questo significa la chiusura per una radio che non ha pubblicità con la quale sostenersi, perché è l’unico media di servizio pubblico integrale. Lo sa questo Vito Crimi, sottosegretario all’editoria, per il quale gli organi di informazione fanno troppa politica?”.
Saviano continua: “A Crimi, parlamentare da più di cinque anni, sfugge il significato stesso della parola politica. Fare politica significa occuparsi di ciò che accade perché tutto, nella nostra vita, è politica. Crimi non sa che la sua società ideale, quella in cui i media non esprimono più opinioni ma si limitano a ‘raccontare i fatti’ non è una novità: la mancanza di opinioni pubbliche e quindi della possibilità che vi sia una pubblica opinione, è stata il tratto distintivo di tutti i regimi totalitari”.
“Crimi probabilmente tutto questo lo ignora, ma altri, nel suo Movimento, con l’armamentario tipico dei regimi totalitari hanno maggiore confidenza: basti pensare all’orrida autocritica cui è stato costretto il padre di Luigi Di Maio. Del resto la libertà un popolo la può perdere a causa di perfidi aguzzini, ma di solito la strada la lastricano gli inconsapevoli, di se stessi e del mondo”.