Enzo Boccolato, una persona citata nel best-seller “Gomorra” e che ha vinto in primo grado una causa civile per diffamazione intentata contro Roberto Saviano, “è stato costretto a pubblicare a proprie spese” sul quotidiano “la Repubblica” il dispositivo della sentenza di condanna a carico dello scrittore, “nonostante l’avvenuta notifica della sentenza in forma esecutiva alla Mondadori S.p.A” e malgrado il giudice di Milano abbia stabilito che la pubblicazione doveva essere fatta ”a spese dei convenuti”, ossia Saviano e la casa editrice.
Lo ha spiegato il legale di Boccolato, l’avvocato Alessandro Santoro. Lo scorso novembre, infatti, Saviano è stato condannato per diffamazione a risarcire con 30mila euro Boccolato. Il giudice della prima sezione civile, Orietta Miccichè, ha ”accertato – come scritto nel dispositivo della sentenza – il contenuto diffamatorio in danno di Enzo Boccolato della frase contenuta a pagina 291 del libro intitolato ‘Gomorra”’, nella parte in cui ”l’autore prospetta che Enzo Boccolato insieme ad Antonio La Torre ‘si preparavano anche a tessere una grande rete di traffico di cocaina”’.
Il giudice ha anche ordinato ”la pubblicazione dell’ intestazione e del dispositivo della presente sentenza a cura e spese dei convenuti una volta a caratteri doppi del normale sul quotidiano ‘La Repubblica’ entro 30 giorni della notifica in forma esecutiva della presente sentenza”. Sentenza che è stata pubblicata sul numero odierno di “Repubblica”, a pagina 33.
Il giudice aveva, infatti, autorizzato Boccolato a provvedere ”autonomamente” alla pubblicazione qualora ”i convenuti” non avessero rispettato il termine di 30 giorni. Il legale di Boccolato ha precisato che ora chiederà ”alla Mondadori la restituzione dei soldi spesi per la pubblicazione della sentenza”.
Il difensore, infine, ha chiarito che ”si è stati costretti a presentare appello alla Sentenza favorevole, per richiedere somme di gran lunga maggiori di quelle liquidate stante la gravissima diffamazione e i conseguenti danni provocati al sig. Boccolato”.
Saviano, dal canto suo, non è rimasto in silenzio ed ha già annunciato ricorso. “Il mio lavoro è quello di raccontare e analizzare ciò che accade. Boccolato ha avuto ragione al Primo grado del processo civile, ma sono convinto di quanto ho scritto e continuerò a raccontare il potere del clan La Torre senza temere cause e condanne”, ha fatto sapere lo scrittore.
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