SASSANO: SARÀ PIÙ DIFFICILE GOVERNARE L’ETERE

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Le frequenze della banda UHF che trasportano i programmi televisivi (canali 21-69) sono in realtà più adatte a raggiungere i nostri smartphone in movimento che a servire le vecchie antenne sui nostri tetti. Le loro caratteristiche di propagazione consentono infatti agli operatori mobili la riduzione dei costi di realizzazione e gestione delle future reti mobili (LTE/4G) e garantiscono un miglior servizio all’utente mobile sia in termini di copertura che nei luoghi chiusi.
Per questi motivi, a partire dal 2007, l’International Telecommunication Union (ITO) ha deciso di destinare un numero crescente di “frequenze televisive” alle reti di telefonia mobile. L’effetto è stato immediato. Nelle Americhe e in Asia due importanti porzioni della banda televisiva, la banda 700 (canali 49-60) e 800 (canali 61 -69) sono già state destinate alle reti LTE, mentre i Paesi africani hanno preteso e ottenuto, nell’ultima conferenza mondiale ITU, la possibilità di destinare la banda 700 all’LTE già dal 2015.
L’UE, finora, è stata la più timida in questa progressiva liberazione. Aveva previsto la destinazione alle comunicazioni mobili della sola banda 800 (già assegnata in molti stati membri tra i quali l’Italia) ma è stata presa in contropiede dall’improvvisa accelerazione sulla banda 700. La prospettiva è che, almeno fino al 2018, l’Europa (e l’Italia) utilizzeranno la banda 700 per la televisione mentre già nel 2015 i Paesi del Nord Africa realizzeranno, su quelle stesse frequenze, le reti mobili LTE. Pretendendo protezione dai nostri trasmettitori TV.
Prima della conferenza mondiale ITU del 2015, l’UE dovrà pianificare la sua “roadmap” alla banda larga, coerente con la “spectrum policy” del Parlamento Europeo che ipotizza un uso della banda 700 per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2020. Sarà necessario aggiornare il piano delle frequenze europeo di Ginevra 2006, definire la strategia di liberazione della banda 700 e infine definire le regole da utilizzare per coordinarne l’uso televisivo e mobile in Paesi confinanti. Queste decisioni saranno rese più complesse da] nuovo quadro regolamentare che non impone più vincoli a priori sulla tecnologia da utilizzare o sul servizio da offrire in una specifica banda di frequenze (neutralità tecnologica e del servizio).
L’Italia ha qualche difficoltà a sintonizzarsi con questa agenda europea. Dobbiamo ancora liberare (con rimborso) le frequenze della banda 800 che gli operatori mobili hanno pagato 3 miliardi di euro e che il ministero per lo Sviluppo Economico aveva assegnato alle emittenti locali nel 2010. Dobbiamo anche risolvere il problema dell’interferenza che le antenne LTE generano sulle antenne tv installate sui tetti vicini.
A complicare uno scenario già difficile ha recentemente contribuito il MSE con l’assegnazione definitiva (per 20 anni) di tutte le frequenze attualmente utilizzate da emittenti nazionali e locali e, molto presto, delle frequenze oggette della gara che sostituirà il “beautycontest”.
Grazie a queste assegnazioni ventennali, il diritto di ogni operatore a mantenere la frequenza assegnala o una frequenza “equivalente” diventerà, anche grazie alla flessibilità prevista dal nuovo quadro regolamentare europeo, difficilmente contestabile. Le emittenti saranno le vere proprietarie dello spettro televisivo. Di conseguenza, una riduzione del numero di frequenze destinate alla TV sarà impossibile e con essa il coordinameli internazionale della liberazione della banda 700. In altre parole, esiste un rischio concreto che l’Italia non riesca a cogliere tutti i vantaggi di una progressiva assegnazione delle frequenze televisive alla banda larga mobile e che abbia effettuato assegnazioni definitive che non potranno mai essere coerenti con il quadro europeo e internazionale.

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