Se i libri non sono soltanto una merce da vendere, ma un ecosistema complesso, vivo, in movimento, allora la loro diversità diventa un valore imprescindibile, da preservare dagli appetiti delle specie dominanti con strumenti adeguati e una legge sull’editoria più orientata al pluralismo che apra spazi vitali per tutti i soggetti che lo popolano.
Una serie di proposte per tutelare e far crescere la bibliodiversità sono indicate nel Manifesto dell’Osservatorio degli Editori Indipendenti (Odei), diffuso all’inizio di dicembre a Roma alla fiera nazionale della piccola e media editoria “Più libri più liberi”.
L’Osservatorio nasce come una rete tra piccole case editrici indipendenti per confrontarsi sulle azioni da intraprendere per ripensare la filiera del libro, denunciando gli squilibri di un sistema dominato dai grossi gruppi editoriali che inevitabilmente condanna le piccole realtà all’estinzione. Il Manifesto è stato firmato da 76 editori medio-piccoli italiani, alcuni aderenti al gruppo Piccoli Editori dell’Aie (Associazione Italiana Editori), altri no. A unirli è una visione del libro come «ecosistema complesso, nella varietà delle sue forme e delle sue articolazioni, nelle sue diversità bibliografiche e nell’estensione dei viventi che lo abitano», siano essi editori, librai, bibliotecari, insegnanti, lettori. Un bene comune, insomma, non quantificabile dal numero degli scontrini battuti in libreria. «Il Manifesto è il primo passo di un Osservatorio che ha ambizioni più ampie – spiega Ilaria Bussoni, editor di DeriveApprodi, che si è occupata delle stesura del testo – la nostra è anche una presa di posizione culturale, che parte dall’editoria e dai libri ma non può prescindere da cos’è la Cultura in Italia e da come viene considerata da decenni nel nostro Paese».
Così il Manifesto è diventato una riflessione a tutto tondo sulla condizione di chi produce libri e cultura oggi in Italia, su chi li legge e li vende, e su tutto il sistema editoriale e culturale del nostro Paese «che per quote del bilancio statale in investimenti culturali si colloca da sempre tra quelli del Terzo Mondo»: via i fondi per la lirica, via le compagnie teatrali, via la scuola pubblica e i ricercatori dalle università. In mezzo, un sistema editoriale che non valorizza l’operato dei “piccoli” e lascia loro ben pochi margini di manovra.
«Molti di noi sono editori da quasi vent’anni, e molte cose sono cambiate – continua Bussoni – non si può negare che ci sia stato un fenomeno di concentrazione di tutti gli anelli della filiera del libro, dalla produzione alla distribuzione, sino alla vendita, in mano ai grossi gruppi editoriali. Per la maggior parte a chiudere sono realtà indipendenti e medio-piccole, case editrici ma anche librerie soppiantate da quelle di catena; non è stato fatto nulla per provare a valorizzare percorsi di vendita e commerciali diversi».
Sono tanti gli strumenti indicati dall’Odei per garantire la salute dell’ecosistema editoriale. Innanzitutto, perché sia sano, bisogna contenere la voracità di una sola specie: «Favorire la “bibliodiversità” non solo a parole significa immaginare strumenti che limitino lo squilibro tra chi può dettare prezzi e condizioni, in virtù di un “potere” di concentrazione, e chi non ha altra scelta se non accettarli», si legge nel Manifesto. Per questo, secondo l’Odei, sarebbe auspicabile l’istituzione di una Authority che vigili sulle concentrazioni nella filiera del libro ed esprima pareri vincolanti su operazioni di acquisizione che possano determinare conflitti d’interesse minando la libera concorrenza fra case editrici. E poi una sede comune che coinvolga tutti gli attori del sistema libro sul modello del Centro nazionale del libro francese, strumenti fiscali che incentivino l’acquisto dei libri – quali la deducibilità dell’acquisto dei libri dalle tasse – e agevolazioni pubbliche che valorizzino i luoghi della bibliodiversità (canoni d’affitto agevolati per le librerie indipendenti, risorse per l’acquisto di fondi catalogo o grandi opere, fondi per la creazione di “piattaforme” distributive di libri digitali), unite a una maggiore trasparenza degli editori nel dichiarare da dove provengono le risorse economiche che permettono la pubblicazione di un libro, quando si tratta di finanziamenti pubblici. Per sopravvivere però bisogna anche fare rete, mettere insieme idee e risorse di tutti quei soggetti che animano un ecosistema ancora tanto vitale. Un principio che in Sardegna, per esempio, è già stato messo in pratica da Liberos, la rete sociale online fra scrittori, editori, librai, biblioteche, lettori dell’isola per costruire iniziative culturali sul territorio.
«Stiamo immaginando percorsi di convergenza con librerie indipendenti, biblioteche e bibliotecari, precari della ricerca, insegnanti, associazioni o soggetti che possano interagire con noi: la tutela dell’ecosistema libro e della bibliodiversità non si può ridurre agli spot pubblicitari per la diffusione della lettura, e una legge quadro sul libro andrebbe discussa anche in considerazione di tutto il contesto culturale e formativo in cui si andrebbe a inserire», conclude Bussoni. Dopo la prima fase consultiva e di stesura del Manifesto, l’Osservatorio nei prossimi mesi inizierà a prendere contatti con partner, istituzioni e associazioni di categoria, organizzandosi anche a livello locale: «Non vogliamo piangerci addosso, né fare una guerra contro i grandi gruppi. – precisa Gino Iacobelli, di Iacobelli Editore, coordinatore dell’Osservatorio – Il problema però esiste e non si può far finta di nulla, continuando su questa linea saremo costretti a chiudere. Da dicembre abbiamo ricevuto decine di richieste di adesione al Manifesto: l’Osservatorio è una maniera di reagire, come attori importanti della filiera del libro aperti al dialogo con gli altri protagonisti, per salvare il patrimonio culturale rappresentato dalla bibliodiversità». Intanto, per iniziativa del gruppo Piccoli Editori dell’Aie presieduto da Enrico Iacometti, il 21 gennaio si terrà un incontro nazionale al quale è stato invitato anche l’Osservatorio dei Piccoli Editori: l’obiettivo è cercare di elaborare una proposta unificata, in vista di una legge sull’editoria da presentare al prossimo governo.