In casa TIMedia si festeggia per l’arrivo del teletribuno. L’acquisto è stato annunciato ieri sera in diretta da Enrico Mentana: «Michele ha firmato poco fa». Ecco che dopo aver provato a diventare dg della Rai, Santoro ha scelto la via alternativa: La7. Non è una sorpresa: per certi versi la trattativa dura da un anno. Infatti, nell’estate del 2011 l’accordo sembrava quasi fatto. Poi per indefinite e mai spiegate “incompatibilità editoriali” sfumò. Santoro addirittura accusò Berlusconi che avrebbe lavorato nelle retrovie per boicottato l’accordo. E lo stesso Mentana “criticò” Santoro per la sua eccessiva voglia di libertà.
Ora l’accordo è concluso. Si è passati da una promessa verbale ai fatti. Il conduttore fornirebbe un programma (prodotto da Zerostudios) che si alternerebbe il giovedì sera con Piazzapulita di Corrado Formigli, il suo allievo prediletto che nella prima stagione “da solo” ha ottenuto buoni ascolti.
Per Santoro si parla di un contratto “sostanzioso”. Milano Finanza scrive che una singola puntata di Servizio Pubblico costerebbe a TIMedia 250 mila euro. Non è un dettaglio visto che la controllata di Telecom ha non pochi problemi finanziari. Dal 2008 al 2011, stando sempre ai dati di Milano Finanza, TIMedia ha perso in totale 263 milioni e quest’anno rischia di chiudere con un rosso vicino ai 60 milioni. Infatti, è orami assodato che TIMedia verrà scissa in due società (una per la tv e una per le frequenze) e poi venduta, probabilmente anche a due compratori diversi.
Tuttavia TIMedia continua a mantenere una “rosa” di tutto rispetto, forse una delle più pregiate d’Italia. Ricordiamo che a La7 lavorano, a parte il neo-acquisto Santoro, Enrico Mentana, Lilli Gruber, Gad Lerner, Serena Dandini, Sabrina Guzzanti, Maurizio Crozza.
E mentre La7 “esagera” con gli acquisti, la Rai esagera con gli scandali. Il blocco Pdl-Lega ha vanificato ben 4 elezioni. I motivi formali? Mancanza del numero legale (nella votazione della settimana scorsa), errore “ortografico” con successiva parità e, ieri, di nuovo mancanza del numero legale. Il motivo reale? Rischiando di peccare di eccessiva dietrologia, il tentativo del Pdl di ottenere una sicura maggioranza in cda.
Ma non finisce qui. Il presidente del Senato, Schifani, ha sostituito ad urne aperte il senatore Paolo Amato, in quota Pdl. Gasparri, Quagliariello e lo stesso Schifani affermano che è stato lo stesso senatore a dimettersi. Tuttavia l’interessato “non lo ricorda”. Ad avvelenare ulteriormente la vicenda è stato l’intenzione di voto di Amato che non avrebbe rispettato le direttive del partito. Quest’ultimo avrebbe votato per Flavia Nardelli (segretario dell’Istituto Sturzo), la “rivale” del candidato del Pdl, Antonio Pilati (ex Agcom). Ecco che il Pdl, con la complicità di Schifani, ha deciso di sostituire Amato con il più fidato Pasquale Viespoli, senatore di Coesione Nazionale, molto vicino al Pdl (per chi voterà Viespoli?). «Una sostituzione forzata del suo franco tiratore», scrive oggi La Repubblica. Il Sole 24 Ore azzarda addirittura un «pressing di Berlusconi su Schifani».
La sostituzione, oltre a scatenare una trasversale indignazione (Pd, Idv, Udc, Usigrai hanno manifestato il loro disappunto), ha generato uno scontro istituzionale tra Schifani e Fini, rispettivamente la seconda e la terza carica dello Stato. Fini ha accusato Schifani di complicità col Pdl e di scorrettezza.
Di fronte a tali scenari, viene voglia di privatizzazione!
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