Sansonetti accusa: dalle carte dell’inchiesta di Perugia sul caso Palamara sarebbe emersa una “giornalistopoli” della quale, però, nessuno parla. Il direttore de Il Riformista, che da tempo sta denunciando quello che ha definito “silenzio assoluto” sulle indagini che riguardano da vicino il mondo della magistratura, ha scritto un lungo e accorato editoriale sulla questione. Non lesinando accuse a nessuno, in primo luogo a Marco Travaglio definito “capo del partito dei Pm”.
Sansonetti scrive: “Se il giornalismo italiano non fosse quasi interamente sottomesso alla logica delle Procure e delle intercettazioni, non ci sarebbe nessun motivo per stupirsi del fatto che restino segrete le intercettazioni che riguardano le principali firme di giudiziaria (e non solo di giudiziaria) del Corriere della Sera e di Repubblica e della Stampa e di svariati altri giornali”. E aggiunge: “ Sui politici nessuna indulgenza, anzi, nessun rispetto della legalità. L’ordine di servizio, in questo caso è: sputtaniamoli. Anche se non hanno fatto niente di male. Tutto cambia se invece le vittime del trojan diventano i magistrati e i giornalisti. Cioè la casta. Sarà forse giunto il momento di dirlo: la casta, la vera casta, è quella; la corporazione potentissima che raduna la parte più aggressiva e politicizzata della magistratura e del giornalismo. Diciamo, più semplicemente, il partito dei Pm. Il cui leader massimo, non a caso, non è un Pm ma un giornalista. È Marco Travaglio”.
Un’altra accusa, poi, il direttore Sansonetti fa piovere sul dibattito: “Non ho fatto nomi. Non mi interessano i nomi. Quello che è bene che si sappia è la sostanza: oggi il giornalismo politico, in Italia, è del tutto subalterno al giornalismo giudiziario. Questo grazie alle grandi campagne moralizzatrici condotte dai giornali negli anni scorsi. Cioè le campagne che hanno demolito la reputazione della politica e messo in discussione persino la necessità della democrazia, dipinta come un sistema sostanzialmente corrotto.
Queste campagne sono state guidate dalla magistratura (e dalla sua rappresentanza parlamentare, cioè i 5 Stelle), e forse dai servizi segreti. In questo modo è stato distrutto il giornalismo politico ed è stato reso un sottoprodotto del giornalismo giudiziario. Il giornalismo giudiziario – non tutto, certo, ma quasi tutto – è assolutamente eterodiretto. E, per definizione, privo di indipendenza. E dunque non è più giornalismo”.
Temi che, adesso, dovrebbero aprire una discussione, un dibattito: al di là delle posizioni ma, quantomeno, avere un seguito “politico” inteso tale termine come dialogo e confronto tra le diverse anime che compongono il giornalismo italiano.
Qui il link all’editoriale completo sul sito de Il Riformista.