L’emendamento presentato dai Radicali alla Finanziaria aveva un carattere meramente “preventivo” perché Bonino e Pannella, nonostante le rassicurazioni del ministro Scajola sul rinnovo della convenzione tra Radio Radicale e il Ministero dello Sviluppo Economico (che costa a quest’ultimo 10 milioni di euro lordi, in tre anni), conservavano “qualche pregiudizio” sull’esame della Finanziaria al Senato. Una pura formalità, dunque, avevano detto i Radicali. Eppure era forte il timore che le cose non potessero andare come previsto, soprattutto dopo le dichiarazioni di Alessio Butti – capogruppo Pdl in Commissione Vigilanza Rai – secondo il quale Radio Radicale risulta essere un ‘doppione’ di Gr Parlamento.
“Ci auguriamo – aveva sottolineato la Bonino che nel clima già teso per quanto riguarda il pluralismo dell’informazione questa nuova ‘non iniziativa’ del governo non aggravi ulteriormente le cose, ammesso che sia possibile”.
Alla fine a decidere è stata la Commissione Bilancio del Senato (forte della legge che stabilisce che dalla data di inizio dei programmi di Gr Parlamento – 2 febbraio 1998 – viene meno la necessità del finanziamento da parte dello Stato a Radio Radicale), dichiarando inammissibile l’emendamento (sottoscritto da 202 senatori di tutti gli schieramenti).