Cosa unisce due personaggi così diversi come Marco Travaglio e Bruno Vespa? L’impegno comune a chiedere al Presidente della Repubblica di salvare il futuro dell’Inpgi e, al contempo, tutelarne l’autonomia.
Si è costituito un comitato che ha assunto nel nome la sua missione “Salviamo la previdenza dei giornalisti”. Ne fanno parte le “grandi firme” del giornalismo italiano che hanno sottoscritto l’appello fatto recapitare al Capo dello Stato. Tra questi, oltre a Travaglio e Vespa, anche Lucia Annunziata, Marzio Breda, Andrea Cangini, Luigi Contu, Ferruccio de Bortoli, Vittorio Emiliani, Stefano Folli, Marco Follini, Guido Gentili, Peter Gomez, Massimo Martinelli, Clemente J. Mimun, Antonio Padellaro, Andrea Purgatori.
Nella lettera fatta recapitare al Quirinale, il comitato ha chiesto a Sergio Mattarella “un intervento presso tutte le istituzioni interessate affinché sia confermata la garanzia pubblica dello Stato sul sistema pensionistico dei giornalisti, come già avvenuto in passato per altri enti previdenziali, affinché si valuti con la massima urgenza, con responsabilità e trasparenza, ogni soluzione equa e non punitiva in grado di continuare ad assicurare la pensione e le prestazioni previdenziali a tutti i giornalisti italiani”.
Lo scenario temuto dai firmatari è quello paventato ormai da tempo: “Entro pochi anni l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti (Inpgi) non sarà più in grado di pagare le pensioni presenti e future dei giornalisti italiani, mandando in fumo decenni di versamenti, compresi quelli di chi è ancora in servizio attivo. Il grave e strutturale squilibrio tra prestazioni e contributi ha provocato per il 2020 un passivo previdenziale di 197 milioni di euro e un disavanzo di 253 milioni di euro, aggravato dall’aver sopportato per anni l’onere di prestazioni assistenziali”.
Ma c’è un pericolo ancora più grande che incombe. Secondo il comitato “Salviamo la previdenza dei giornalisti”, infatti: “L’attuale situazione rischia di ripercuotersi sul livello e sulla qualità della democrazia del nostro Paese: avere giornalisti che non si vedono garantite le prestazioni previdenziali di oggi e di domani equivale ad avere giornalisti meno indipendenti e in generale una informazione meno libera, contraddicendo nei fatti l’articolo 21 della Costituzione”.
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