«Mi hanno definito socialmente pericoloso. Sono vittima di una giustizia che non funziona. Sono colpevoli anche i giornalisti e i politici». Lo ha dichiarato ieri Sallusti. Intanto si attende il ddl che dovrebbe evitare il carcere per i reati di diffamazione. Chiti anticipa: «Pubblicare la rettifica eviterà il processo; le sanzioni pecuniarie avranno un massimo di 50 mila euro».
Sallusti contro tutti. Ancora una volta. Già in un’intervista a Vanity Fair, poi ripresa dal “suo” Giornale, aveva criticato molta gente: «Feltri ha chiesto la mia testa. Farina è uno stronzo. Mentana è un finto superpartes. Andrei in carcere solo per sputtanare i finto paladini della libertà. Nel Pdl? Soprattutto nemici».
Ieri Sallusti, ospite a In Onda, una trasmissione di approfondimento giornalistico, trasmessa da La7, condotta da Luca Telese e Nicola Porro (quest’ultimo collega di Sallusti al Giornale) ha ribadito la sua insofferenza verso il mondo intero (o quasi).
Per Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione con l’accusa di diffamazione aggravata, «il problema non sono le leggi sulla libertà di stampa, ma la magistratura. I giudici per mandarmi in carcere hanno applicato un articolo del codice penale che mi definisce socialmente pericoloso. Perché per la sola diffamazione non si va in galera». In effetti ciò lo conferma la Corte Europea di Strasburgo, l’art.10 della Convenzione sui diritti dell’uomo. E i loro dettami sono (sarebbero) stati recepiti dalla Cassazione italiana: non ci deve essere galera per i reati di diffamazione; inoltre solo la previsione di una possibile reclusione inficerebbe la libertà di stampa. Tuttavia il 26 settembre la Cassazione ha confermato il carcere, stabilito dalla Corte d’Appello. E lo ha potuto fare, in quanto i presupposti giuridici ci sono. Infatti in Italia “regna” ancora il cosiddetto Codice Rocco (definito da alcuni fascista). Infatti sia l’art.13 della legge n.47 del 1948 che gli artt. 594 3 595 del codice penale prevedono la reclusione (addirittura fino a 6 anni) per i reati di ingiuria e diffamazione. I giudici hanno potuto ritenere Sallusti “socialmente pericoloso” in quanto direttore di un giornale. E quindi, potenzialmente, potrebbe reiterare il reato di diffamazione. La legge lo permette. Ma evidentemente qualcosa non va.
In effetti un paese liberale e civile non dovrebbe prevedere la galera, soprattutto nel caso in questione. Ricordiamo che non è stato Sallusti a scrivere il pezzo incriminato, ma Renato Farina, deputato del Pdl, con lo pseudonimo Dreyfus. Ma ciò conta fino ad un certo punto. Il direttore di un giornale è sempre responsabile di ciò che viene pubblicato. Si chiama responsabilità oggettiva. Tuttavia, di fatto, è impossibile che un direttore controlli tutte le parole di tutte le pagine del suo giornale. E ieri Sallusti, non ha mancato di sottolinearlo.
Infatti la legge, così com’è, va riformata. Sono tutti d’accordo: giornalisti e politici. E in Senato stanno lavorando per questo. Il ddl Chiti-Gasparri avrà una corsia preferenziale. Sarà approvato direttamente dalla commissione Giustizia del Senato per poi passare alla Camera. Si lavora in fretta perché la sospensione della pena, concessa dalla Cassazione, termina il 26 ottobre. Sallusti potrebbe cavarsela chiedendo le misure alternative, o magari la grazia a Napolitano. Niente da fare. Il direttore ne fa anche una questione di principio. Ieri ha ribadito anche questo. Per quanto riguarda le misure alternative e il possibile affidamento ai servizi sociali, per Sallusti significherebbe ammettere di aver bisogno di essere rieducato. «Credo che i miei genitori abbiano fatto un buon lavoro, non ne ho bisogno. In più dovrei redimermi da un reato d’opinione. Cioè dire di aver cambiato opinione. Una cosa che accadeva nei lager russi». Per quanto riguarda la grazia a Napolitano, «egli non ha fatto nulla nel suo settennato per mettere ordine e portare giustizia dentro la magistratura di cui lui è il capo».
Sallusti ha speso parole altrettanto dure anche nei confronti dei colleghi: «Sarebbero più liberi se invece di attaccare solo Berlusconi, attaccassero tutti i poteri dello Stato. E poi l’Ordine è un organo fascista e inutile in cui una commissione formata anche da giornalisti pubblicisti giudica i professionisti».
E poi per quanto riguarda l’obbligo di rettifica che avrebbe evitato tutto, Sallusti ha affermato che «la smentita è arrivata da un magistrato all’Ansa. Ma a Libero non avevamo l’Ansa e ne eravamo all’oscuro». In effetti la rettifica fu pubblicata solo da La Stampa, primo giornale ad aver pubblicato l’articolo incriminato, poi ripreso il giorno dopo da Libero.
Non rimane dunque che attendere la riforma della legge. E Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, nonché redattore del “ddl diffamazione”, ha anticipato il contenuto della futura legge: «Il carcere verrà evitato. La rettifica, pubblicata con lo stesso rilievo delle notizia falsa, eviterà il processo. Saranno previste sanzioni disciplinari e pecuniarie; per queste ultime stabiliremo un massimo di 50 mila euro. Anche i siti a carattere editoriale dovranno adattarsi a tali regole; per i blog serve una riforma generale; la faremo in futuro con calma, non possiamo improvvisare».
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Giurisprudenza SALLUSTI: «IL PROBLEMA È LA MAGISTRATURA». CHITI: «NIENTE CARCERE. E LA RETTIFICA...