Confinato in casa come un adolescente punito per essere rincasato tardi, costretto a dirigere il suo giornale per telefono e via email, adesso è stato anche sospeso dall’ordine dei giornalisti, che per solidarietà con la giustizia, che l’ha condannato in quanto socialmente pericoloso, deve giudicarlo professionalmente rovinoso. Ogni volta che si fa il suo nome, il nome cioè d’Alessandro Sallusti, direttore del Giornale berlusconiano, è sempre per protestare contro la sentenza, acrobatica e umiliante oltre che ingiusta, che lo ha condannato a restarsene chiuso in casa, come un eremita, per i prossimi dodici mesi almeno (e per di più in compagnia di Daniela Santanchè, la sua metà). Nessuno applaude la sentenza, a parte naturalmente pochi politici pazzi: razza (direbbe l’Amaca di Repubblica) tra le più «coccodè» e antropologicamente inferiori. Ma nessuno, prima di denunciare la sentenza infame e di prendere le difese del direttore del Giornale che in anni lontani fu di Montanelli, trascura di prendere anche le distanze dall’«articolo diffamatorio» (opera di Renato Farina, agente segreto e gazzettiere, nome di copertura Betulla) per il quale ASallusti è stato condannato alla penosa pena del rintanamento.
Una pena ridicola, dove uscire per andare a lavorare, o per prendere un cappuccio al bar sotto casa, equivale ad «evadere», come quando Edmond Dantès fuggiva dallo Château d’If. Forse è una fuga anche scendere in pantofole fin giù al portone per firmare e ritirare una raccomandata. Condanna iniqua, dicono tutti, ma subito aggiungono che l’articolo incriminato era proprio un’infamia, oltre che una ciofeca. Devo averlo scritto anch’io. Be’, non lo scriverò più: dell’articolo incriminato non m’importa un tubo, e ancor meno m’importa del «crimine» che vi si sarebbe consumato. Qui c’è un orrore solo, ed è la condanna di Sallusti a una pena da Corriere dei piccoli. Anzi gli orrori sono due: prima di tutto la condanna penale di Sallusti, e subito dopo la sospensione di Sallusti da parte dell’ordine dei gazzettieri. Se chiedete a uno dei poveretti che difendono l’ordine e la sua esistenza, vi sentirete rispondere che l’ordine deve esistere perchè garantisce, insieme ad altri bla-bla, l’etica dell’informazione: il calcio sui denti, tipo Gestapo o Ghepeù, è l’idea che questi filosofi si fanno della morale; la diffamazione, al confronto, è poesia.
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