Il ministro Roberto Calderoli promette querele. È “stufo delle critiche superficiali” al suo progetto per l’autonomia differenziata e, intervistato da Corriere della Sera e La Stampa, annuncia che “tra un po’ passo alla denunce”. Il tema è legato alla proposta legislativa sulle Regioni che è ferocemente criticata specialmente da Sud e dai giornali meridionali. Lui è stanco, il ministro, che si continui a parlare di “spacca Italia” e rivendica di aver ragionato “tradendo le origini bergamasche e lombarde” da “uomo del Sud”. La questione è politica e, fatalmente, si intreccia con la stampa che viene bacchettata, da Calderoli, perché “osa” criticarlo.
Il solo evocare querele, da parte di Roberto Calderoli, ha scatenato una cascata di reazioni furibonde. Non solo da parte della politica. Ma anche dei giornali. Sono scesi immediatamente in campo, infatti, i comitati di redazione di Messaggero e Mattino. Rispediscono al mittente accuse e minacce e, in una nota congiunta, i giornalisti “stigmatizzano le dichiarazioni rilasciate ieri dal ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli. Dichiarazioni nelle quali il ministro attacca in maniera scomposta, e assolutamente non adatta al ruolo istituzionale ricoperto, il lavoro delle colleghe e dei colleghi dei nostri giornali, sul tema del disegno di legge sulla cosiddetta autonomia differenziata, presentato dallo stesso ministro”.
Per i cdr sono “inaccettabili le minacce di agire con querele per diffamazione rivolte contro le redazioni riguardo agli articoli pubblicati su questo tema, colpevoli esclusivamente di riportare legittime valutazioni sul progetto di riforma attualmente in discussione”. I giornalisti sottolineano: “Ricordiamo al ministro che il diritto dovere di cronaca (e di critica) rientra nei capisaldi dell’informazione libera e democratica, così come il diritto dovere di chi copre incarichi istituzionali di occuparsi al meglio dei temi legati alla propria attività politica e amministrativa. Attività che non comprende, come è noto, la minaccia di ritorsioni e azioni legali contro i giornalisti e contro chi legittimamente valuta, commenta (e se necessario critica) l’attività di chi ricopre questi ruoli di responsabilità pubblica”.
Quindi la conclusione: “Va stigmatizzata, in questo contesto l’abitudine di utilizzare le querele temerarie come arma di pressione contro la libera stampa, per tentare di imbavagliare ogni legittima forma di critica”.
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