La battaglia più dura nella quarantennale storia de il manifesto: continuare a far uscire il giornale in edicola nonostante i conti in passivo. Il ministero dello Sviluppo Economico ha infatti avviato una procedura di liquidazione coatta amministrativa del quotidiano comunista , vessato da mille difficoltà finanziarie dopo la riduzione drastica dei contributi all’editoria decisa dal governo. Questi ultimi sono, infatti, la maggior entrata del quotidiano diretto da Norma Rangeri, che è soggetto a stringenti limiti legislativi sulla raccolta pubblicitaria perché strutturato come cooperativa.
COINVOLGERE I LETTORI – A spiegare in concreto la situazione è Benedetto Vecchi, membro del comitato di redazione del giornale: “In pratica verrà un signore del ministero che avrà potere di vita e di morte sui giornalisti e sulle pratiche redazionali. Ma noi non staremo a guardare: abbiamo già avviato un progetto di gestione in pareggio del bilancio corrente, basandoci sul contenimento dei costi di produzione”. Altro obiettivo: coinvolgere attivamente i lettori, sia quelli “singoli” che quelli riuniti nei circoli “amici del manifesto”, attivi in tutta Italia. La campagna “zitti no”, lanciata dal quotidiano di via Bargoni, è volta proprio a raccogliere i fondi necessari alla sopravvivenza professionale di giornalisti, poligrafici e impiegati: “Vogliamo dire ai nostri lettori: comprate due copie del manifesto, una per voi e una per i vostri amici”. Nella protesta si vogliono coinvolgere anche i sindacati: “agiremo in sintonia con Fnsi e Mediacoop – annuncia Vecchi – per organizzare iniziative come sit in e manifestazioni davanti a Camera e Senato. Partiremo già dalla settimana prossima”. “Faremo tutto il possibile per non farci chiudere – sottolinea il direttore Rangeri – non sarà facile, ma resisteremo”.
Seconda campagna annunciata è quella soprannominata “1000 per 1000”: una donazione di mille euro da parte di mille persone per raccogliere un milione di euro. A illustrarla è Valentino Parlato, presidente del Cda ed ex direttore della testata: “Negli ultimi tempi, almeno in termini di vendite, ci siamo addormentati e abbiamo ceduto copie. È il momento di essere più aggressivi, tornare a essere un vero giornale di lotta”. Per quanto riguarda, invece, la questione del commissariamento ministeriale, Parlato si mostra più diplomatico: “Dobbiamo collaborare con il commissario per riprendere a vendere. Se non lo facciamo, non resterà che sciogliere la cooperativa e mettere tutto all’asta”. Eventualità che scatena gli scongiuri del caso, con il direttore Rangeri che sottolinea: “L’informazione dev’essere un bene comune. Non vogliamo avere padroni alle spalle. La sfida che proponiamo è quindi questa: dimostrare che in Italia un giornale ‘anomalo’ come il manifesto può continuare a esistere”.