Risarcimento danni per Diffamazione. I diritti di giornalisti e direttore

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anm_togheCon la sentenza che si riporta al link in fondo alla pagina, la Cassazione ha esaminato il caso di un giornalista e di un direttore di giornale che erano stati chiamati in giudizio da un avvocato che chiedeva la condanna al risarcimento del danno alla propria reputazione infertogli per aver questi pubblicato all’interno di un articolo della loro rivista una frase a lui riferita e ritenuta diffamatoria. La domanda del legale veniva respinta in primo grado ma accolta dalla Corte d’appello che (con sentenza n. 2713 del 2007) condannava i due appellati in solido al pagamento di curo 25.000,00 a titolo di danno morale, escludendo la configurabilità della scriminante del diritto di cronaca per difetto del requisito della verità della notizia. Il direttore responsabile della rivista proponeva ricorso per Cassazione avverso la suddetta sentenza ma i giudici di Piazza Cavour hanno chiarito innanzitutto che “il direttore responsabile di un quotidiano risponde sempre in solido con il giornalista autore di uno scritto diffamatorio, tanto nell’ipotesi in cui abbia omesso la dovuta attività di controllo, nel qual caso risponderà a titolo di colpa, quanto nell’ipotesi in cui abbia concorso nel reato di diffamazione ai sensi dell’art. 110 cod. pen., nel qual caso risponderà per dolo” Inoltre, gli ermellini continuano affermando che “i poteri di controllo che devono essere esercitati dal direttore responsabile di un giornale non si esauriscono nell’esercizio di un adeguato controllo preventivo, che si esprime nella oculata scelta da parte del direttore responsabile per la redazione di una determinata inchiesta giornalistica di un giornalista che ritiene idoneo, ma anche nella vigilanza ex post, sui contenuti e sulle modalità di esposizione di essi nell’articolo destinato alla pubblicazione (oltre che sulla collocazione, sul risalto, sulla titolazione). Del controllo ex post fanno parte la verifica che sia stata riscontrata, a seconda dei casi, la verità dei fatti o la attendibilità delle fonti (non richiedendosi ovviamente che il direttore responsabile rinnovi tutta l’attività già svolta da parte del suo giornalista), e anche la verifica più delicata e più legata alla conoscenza dell’idoneità evocativa delle parole che deve avere un direttore di giornale volta a riscontrare se, come nel caso di specie, alcuni fatti esposti, in sé comprovatamente veri ed altri quanto meno attendibili non siano tali, per il loro utilizzo fuori contesto, o per la suggestione ed i collegamenti impliciti che l’espressione giornalistica deliberatamente utilizzata è idonea a creare nel lettore, ad essere in concreto diffamatori”. In conclusione, “la preminenza del direttore responsabile gli consente e gli impone di intervenire tempestivamente richiedendo le modifiche adeguate per evitare di esporre un terzo ad un discredito ingiustificato e la configurabilità di una responsabilità risarcitoria in capo all’autore, al giornale e a sé stesso. La indiscussa professionalità del giornalista che firma l’articolo e la sua esperienza della particolare materia approfondita non possono in ogni caso esimere il direttore responsabile dall’esercizio di questi poteri. Come è stato più volte affermato dalla cassazione penale, il controllo spettante al direttore responsabile non può esaurirsi in una mera «presa d’atto», ma deve necessariamente riguardare il contenuto degli articoli da pubblicare e l’assunzione di iniziative volte a elidere eventuali profili penalmente rilevanti (Cass. pen. Sez. I, 19-092003, n. 47466) o, si può aggiungere, rilevanti sotto il profilo della responsabilità civile”.

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Fonte: http://www.sentenze-cassazione.com/giornalista-direttore-risarcimento-danno/#ixzz33GiZN1iQ

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