Nei giorni scorsi la Fieg aveva ribadito l’importanza di stringere sui tempi per il rinnovo del contratto giornalistico, ora Lorusso (Fnsi) dice che gli editori “sembrano propensi a essere d’accordo” sull’aumento del numero dei giornalisti dipendenti
La trattativa per il rinnovo del contratto dei giornalisti sembra iniziare a entrare nel vivo. Lo scorso novembre si era acceso il confronto tra Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) e Federazione Italiana Editori di Giornali (Fieg). Gli editori hanno chiesto discontinuità con il passato, i giornalisti vogliono investimenti.
Poco più di un mese dopo il presidente Fieg Maurizio Costa fa sapere dall’Assemblea di Rcs (di cui è presidente) che punta a stringere sui tempi per il rinnovo del contratto giornalistico. Costa dice di pensare che “la controparte sia consapevole che i tempi sono brevi. Le trattative proseguono a ritmi intensi”. Il presidente Fieg, in ogni caso, ribadisce che sarà basilare stabilire “un rapporto di lavoro giornalistico che sia improntato alle necessità che oggi dobbiamo affrontare”.
Tempi brevi, d’accordo. Ma nella trattativa per il rinnovo del contratto dei giornalisti “la priorità deve essere quella di allargare la platea dei lavoratori dipendenti, altrimenti non regge l’intero sistema, compresi Inpgi e Casagit”. Lo afferma il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso, a margine dell’insediamento a Torino del nuovo direttivo dell’Associazione Stampa Subalpina. La novità più interessante, sottolinea Lorusso, è che “sulla creazione di una nuova categoria di dipendenti, con contributi previdenziali e assistenza sanitaria, anche gli editori sembrano propensi a essere d’accordo”.
Basterà per uscire dalla grave crisi che avvolge il settore? Difficile, per invertire la rotta, spiega ancora il segretario Fnsi, “servono nuove leggi. Oggi è impensabile, ad esempio, continuare a pensare a pre-pensionamenti a 58 anni, come nell’81, quando l’età della pensione per tutti era a 60 anni”.
Lorusso conclude affrontando il capitolo pubblicità: in primis quelle in tv, per cui sarebbe necessario inserire “un tetto o un meccanismo di compensazione per distribuire una quota al resto del settore editoriale. Infine il governo non può continuare a far finta di niente sulla pubblicità incassata dai motori di ricerca su prodotti generati dal mondo dell’informazione”.