Riforma, Governo e editori al lavoro: le sei proposte della Fisc

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Finalmente oggi si riunisce il tavolo per l’editoria: Governo, editori, giornalisti, distributori e edicole riuniti a Roma per discutere sulla riforma. Zanotti (Fisc): Stiamo attenti a non tagliare le voci del territorio

La Fisc lancia sei proposte per la riforma dell'editoria
La Fisc lancia sei proposte per la riforma dell’editoria

Sei proposte per una riforma dell’editoria. Le esprime la Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc) sul sito del Sir (clicca qui), a nome dei 190 periodici diocesani che rappresenta. “Siamo convinti che l’informazione sia da considerare un bene cui tutti i cittadini hanno diritto”, afferma il presidente della Fisc, Francesco Zanotti. “L’informazione – aggiunge – non può rispondere solo alle logiche di mercato, perché il mercato da solo non può essere buon regolatore dell’informazione”. Perciò “ne soffrirà il pluralismo informativo dell’intero Paese se verranno meno testate storiche per tradizione e legame col territorio (non solo le nostre, intendiamoci) e fondamentali per le idee con le quali arricchiscono il dibattito pubblico, locale e nazionale”.

Un pluralismo che, per sopravvivere, ha bisogno dei contributi all’editoria, “sorti per incoraggiare la democrazia informativa e per mettere un sostegno a un mercato pubblicitario sbilanciato verso i maggiori network”, spiega Zanotti, chiedendo che vengano ridenominati “Fondo per il pluralismo e la libertà di informazione”. “Nel momento in cui si procede ai tagli – osserva – non si possono dimenticare le ragioni per cui sono nate certe leggi. Chiudere giornali significa togliere spazio ed espressione a gran parte della gente che in quei giornali si ritrova e si riconosce”.

“Significa – prosegue il presidente della Fisc – impoverire il dibattito culturale, spesso appiattito su slogan urlati e non meditati e condizionato dalle grandi reti. Significa anche tagliare le radici storiche e umane a molta parte del territorio italiano che spesso fa riferimento a ‘fogli’ di provincia che non finiscono nelle rassegne stampa nazionali. ‘Fogli’, come tutta la stampa locale, che ‘ancora tengono’ nel rapporto con i lettori, nonostante la gravissima crisi in atto di tutto il settore”. Ecco allora le sei proposte: dapprima “rigore”, con “criteri stringenti” per “sostenere chi merita” (ad esempio perché “è presente sia con il giornale cartaceo sia on line”, “fa innovazione, fa formazione, apre le porte della redazione ai giovani”) ed eliminando la “riserva indiana” del “5% riservato ai periodici” prevista dal Decreto Peluffo.

In secondo luogo “equità” per “non creare disuguaglianza che in alcuni casi sono vistose”, sostenendo “i giornali non profit, locali, regionali e nazionali che effettivamente esistono e portano un contributo al pluralismo nell’informazione”. Poi il “ripristino della dotazione dell’ex Fondo all’editoria, da considerare come contributo al pluralismo”, ponendo fine all’incertezza che da anni lo accompagna.

Tra le sei proposte, la Fisc pone in luce il problema del “recapito postale”, che “già oggi viene realizzato ampiamente a singhiozzo” e sul quale l’Agcom sta discutendo l’ipotesi di “consegna a giorni alterni”. “Non è accettabile”, rimarca Zanotti, parlando di “colpo mortale per i nostri giornali e per altri che come noi affidano al recapito postale buona parte delle copie diffuse”, ma pure di discriminazione fra i cittadini, con violazione di quanto affermato dalla Costituzione repubblicana. Si avrebbero, infatti, cittadini “di serie A, con il recapito postale tutti i giorni”, e altri “di serie B, con il recapito postale a giorni alterni, nonostante tutte le cautele proposte nel documento (dell’Agcom, ndr) che fanno abbassare i cittadini coinvolti ‘solo’ al 20% della popolazione nazionale” (clicca qui per approfondire).

Questi ultimi, peraltro, già soffrono diversi altri disagi, vista l’ubicazione in territori con bassa densità abitativa e più ‘dispersi’. Territori nei quali – ricorda Zanotti – i nostri giornali associati sono diffusi e distribuiti, tenuto conto che tanti di essi da oltre un secolo accompagnano la vita di svariate comunità locali del nostro Paese, spesso molto piccole, ma non per questo meno italiane e meno da servire”. Infine, se si ragiona di “punti vendita”, oltre ai canali tradizionali vanno considerati pure le parrocchie e luoghi simili, strategici per i settimanali cattolici; da ultimo, prevedere per legge la “pubblicità istituzionale su giornali periodici nazionali e locali”, sia cartacei sia on line, equiparandoli ai quotidiani.

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