In un primo momento, il disegno di riforma approvato alla Camera lo scorso mese di marzo prevedeva una drastica riduzione a 36 componenti. Poi, nella seduta di ieri, un emendamento ha previsto la modifica del numero a 60 unità: 40 professionisti e 20 pubblicisti, e due rappresentanti delle minoranze linguistiche riconosciute (un pubblicista e un professionista). L’emendamento ripristina, dunque, il rapporto originario della legge costitutiva dell’Ordine secondo cui c’è 2/3 sono i professionisti e 1/3 pubblicisti, rapporto tuttora vigente per quello che riguarda la composizione dei consigli regionali dell’Ordine. Al numero previsto dall’emendamento, poi, andrebbero sottratti i 12 componenti del Consiglio di Disciplina Nazionale che dovrebbero essere sempre nominati tra i consiglieri eletti (la carica resta elettiva, a differenza dei consigli di disciplina territoriali).
È una vittoria di Franco Abruzzo, ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti in Lombardia. Questo era stato infatti il suo appello alla Camera il 2 marzo scorso:
“L’Ordine nazionale con 36 consiglieri non potrà far fronte ai suoi tanti compiti. Fermatevi! Il numero giusto è 60: 60 consiglieri (di cui 12 giudici disciplinari), 40 professionisti e 20 pubblicisti”.
Deputati, fermatevi! Oggi 2 marzo vi accingete ad approvare il ddl sull’editoria che contiene una norma lesiva dell’Ordine dei Giornalisti. Con 36 consiglieri l’Ordine non sarà in grado di operare e di far fronte a tutte le funzioni assegnate dalle leggi. Tenete conto che 12 dei 36 consiglieri dovranno occuparsi esclusivamente della giustizia disciplinare.
I restanti 24 consiglieri sono giudici d’appello delle iscrizioni negli elenchi dell’Albo, devono vigilare sulla condotta degli iscritti segnalando mancanze e violazioni etiche ai Consigli territoriali di disciplina, devono organizzare corsi di formazione ogni anno per 100mila iscritti, devono organizzare (4 volte/anno) gli esami di stato per l’accesso alla professione, vegliare sul funzionamento delle 9 scuole di giornalismo sparse sul territorio nazionale, coordinare gli Ordini regionali, scrivere il massimario della professione. E poi c’è il disbrigo delle pratiche amministrative (pareri, incontri, dibattiti, etc).
Il numero giusto è 60: 60 consiglieri (di cui 12 giudici disciplinari), 40 professionisti e 20 pubblicisti, eletti in due distinti collegi nazionali. Credetemi, il funzionamento dell’Ordine è anche un problema del Parlamento. I consiglieri sono persone che lavorano e che non possono dedicarsi in via esclusiva all’Ordine. Anche sotto questo profilo il numero 36 fa a pugni con la realtà e con le esigenze dell’ente pubblico”.