Nella prima parte dell’intervista a Roberto Calari abbiamo visto come queste ore siano decisive per confermare quanto di buono è stato fatto finora insieme al governo per arrivare ad una buona riforma dell’editoria. “Ma essere pronti ad evidenziare ed apprezzare l’importanza del percorso in essere, aldilà di aspetti pur importanti, ma non decisivi, su cui il Testo attuale della Legge non corrisponde a valutazioni e integrazioni da noi proposte non significa certo rinunciare a denunciare l’assoluta necessità di alcuni interventi emendativi del testo in discussione dai prossimi giorni alla Camera che se non presi in considerazione e se non accolti rischierebbero di cambiare radicalmente di segno al grande valore del lavoro fin qui compiuto”, ha comunque ricordato il presidente di Mediacoop.
Quali sono i punti che potranno segnare la ripresa dell’editoria italiana?
Non ci sono soluzioni precostituite, i processi di cambiamento sono rapidi e bisogna sapere non solo osservali, ma quando possibile, anticiparli. Certo è che il tema delle interrelazioni anche nei modelli di business tra le varie piattaforme diverrà sempre più importante.
Così come i processi di concentrazione a livello europeo ed internazionale accentueranno l’importanza di normative nazionali ed europee in grado di supportare certo le trasformazioni delle grandi imprese nazionali per aumentarne le opportunità di far parte di questo processo, ma renderanno, nel contempo ancora più necessario per la democrazia non abbandonare questo processo alle sole leggi del mercato, ma garantire , tutelare e promuovere, invece, in modo forte, autorevole e trasparente il pluralismo. Crescerà, quindi, l’esigenza di rafforzare gli strumenti in grado di garantire libertà di espressione, pluralità di informazione critica, educazione alla comunicazione e ai media adeguata anche alle giovani generazioni.
In questo percorso le realtà cooperative e non profit continueranno ad avere un ruolo fondamentale per dare voce ai territori e alle persone ed offrire un diverso protagonismo ai cittadini nell’informazione per favorire una più forte democrazia.
Ci sono delle criticità, a suo giudizio, che non sono state inserite nel testo di riforma o che avrebbero bisogno di essere più approfondite?
Noi abbiamo formulato, anche nell’audizione alla Camera, proposte non solo finalizzate alla promozione della lettura ai giornali cartacei e online nelle scuole , ma anche mirate a proporre modelli ed incentivi volti a promuovere in modo organico e sistematico occasioni di formazione alla comunicazione e all’utilizzo critico dei media tra i ragazzi, sulla base dei modelli più avanzati e delle buone pratiche a livello italiano ed europeo:modelli di cui, per altro, alcune realtà associate sono portatrici.
La Commissione Cultura ci pare abbia scelto di stralciare questa voce e di consegnarla al “versante” Scuola ed Educazione, ma il problema resta e continueremo a portarlo avanti con forza, a partire da un’iniziativa che intenderemmo promuovere all’interno del prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino.
Altre questioni importanti sono, per noi, la richiesta di un maggiore approfondimento sul superamento che la legge propone della possibilità per cooperative di giornalisti di far rinascere impegnandosi in prima persona testate che hanno cessato le pubblicazioni e sono andate in liquidazione o, ancora, la soppressione della distinzione tra testate locali e nazionali nella definizione dei criteri di accesso ai contributi.
Ma altre valutazioni si potranno dare compiutamente una volta conosciuti i contenuti dei decreti per i quali la legge prevede che venga data delega al Governo.
In questo contesto, la campagna Meno giornali Meno liberi ha prodotto i risultati sperati?
La campagna è stata ed è uno straordinario momento di “educazione civica”, di sensibilizzazione sui temi del pluralismo dell’informazione e sulla necessità che lo Stato intervenga in modo chiaro e trasparente, e con gli opportuni controlli, per determinare le condizione di accesso al contributo per cooperative di giornalisti, autogestite, indipendenti e non scalabili, senza fine di lucro e per altre piccole realtà non profit che siano in grado di raccontare in modo libero e nel rispetto dei CCNL e della deontologia professionale le tante identità e racconto che provengono dai territori del Paese. Decine di Associazioni e migliaia di persone hanno deciso di “metterci la faccia” e di darci una mano nel sostenere la necessità e l’utilità d una campagna, cresciuta anche nel contraddittorio e nelle risposte che si è provato di dare ai tanti che hanno voluto intervenire.. anche a quelli che,a volte, hanno scelto di accomunare tutto e tutti ad alcune poche vicende degli ultimi anni che hanno certo contribuito a creare immagini negative di un’intera realtà che invece opera tutti i giorni nel rispetto delle regole e per contribuire ad alimentare la democrazia nel Paese. Ora il coordinamento della campagna si riunirà per decidere come accompagnare le varie fasi del dibattito alla Camera e al Senato e per sensibilizzare il Parlamento e l’opinione pubblica sull’importanza e la necessità di alcune modifiche che proveremo a condividere: in particolare su quelle senza le quali i contenuti di una riforma importante rischiano di produrre effetti devastanti su decine di testate trasformando il senso di una legge per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in una legge che la libertà e il pluralismo li ridurrebbe.
Crediamo necessario, quindi, ridare forza alla Campagna, raccogliendo idee, giudizi e contributi, anche necessariamente diverse su singole voci della proposta di legge, con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità del percorso di riforma avviato e nel contempo dell’urgenza delle modifiche che possano evitare effetti negativi sul futuro di tante realtà del settore. Quindi ancora #menogiornalimenoliberi, ma con un nuovo hastag #unaleggeperchilegge, utile a far cogliere il fatto fondamentale che il riferimento essenziale per ogni intervento pubblico e progetto di riforma sono i cittadini e, in questo caso, il loro diritto ad un’informazione libera e plurale.
Perché il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione è diventato necessario per la sopravvivenza del comparto?
Ogni realtà Europea e la maggior parte dei Paesi in cui vige un sistema democratico si preoccupano di non lasciare il “potere di informare” i cittadini solo alle regole di mercato.
Sono molteplici e diverse tra loro le forme di sostegno impegnate a garanzia e promozione di questo diritto. L’Italia con i tagli degli ultimi tre anni, in particolare e con la concentrazione oligopolistica che la caratterizza ha scalato in questi anni posizioni verso il basso della classifica europea dell’attenzione alla libertà ed al pluralismo dell’informazione. Con questa proposta di legge e con la nascita del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione il nostro Paese pare voler scegliere definitivamente di voltare pagina: contributi e incentivi certi e regole chiare e controllate non per ridurre ma per ampliare e rinnovare i soggetti che possono contribuire a questo racconto plurale del Paese. Un racconto cartaceo e online, ma anche radio e televisivo per quelle realtà che fanno informazione locale professionalmente e secondo le regole richieste; ma anche promozione di nuove start up innovative che riaprono voci in tanti ambiti e territori oscurati dalle sole logiche di mercato o processi di innovazione tecnologica ed organizzativa nelle testate cooperative e no profit esistenti: sono scelte che stanno all’interno dell’orizzonte valoriale ed etico in base al quale questo Fondo deve poter avere presto un ritorno positivo sui cittadini e sul Paese.
Una logica, quindi, che metta al centro del Fondo le condizioni in base alle quali questo assunto e questo obbiettivo, in coerenza con la Carta Costituzionale, possa essere pienamente promosso e realizzato. Per questi motivi ci aspettiamo che il Parlamento faccia proprie le nostre poche ma fondamentali proposte di modifica.
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