Riforma editoria, grande lavoro ma anche un grande rischio alla Camera (Parte 1)

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Partono i lavori in Parlamento per la riforma dell’editoria, un’opportunità o un rischio? Il presidente di Mediacoop, Roberto Calari, ragiona a tutto tondo su quello che riguarda il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione: “Sono necessari alcuni interventi emendativi del testo in discussione dai prossimi giorni alla Camera che se non presi in considerazione e se non accolti rischierebbero di cambiare radicalmente di segno al grande valore del lavoro fin qui compiuto”

Il mondo dell’editoria è tornato prepotentemente alla ribalta nel corso delle ultime settimane. Contributi pubblici, fondo per il pluralismo, risorse per l’occupazione. Ma anche i temi delle edicole e della distribuzione. Tutta la filiera è in attesa di scoprire cosa si deciderà in Parlamento, dove il dibattito si sta aprendo in queste ore, e noi approfittiamo della situazione per cercare di capire insieme al presidente di Mediacoop, e tra i fautori della campagna Meno giornali Meno liberi, Roberto Calari cosa sta per accadere al sistema editoria in Italia.

A che punto sono i lavori per la riforma dell’editoria e per l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione?
Il percorso avviato pare in grado di rispettare i tempi di discussione ed approvazione della Legge annunciati nella sua intervista dal relatore, Roberto Rampi.
Un percorso importante, che vede, per altro, il forte riconoscimento della forma cooperativa a mutualità prevalente come quella in grado di meglio garantire autonomia, indipendenza, non scalabilità oltre che la non divisibilità degli eventuali utili.
Ma pur senza ritardare il percorso di riforma alcune modifiche sono indispensabili: altrimenti l’effetto voluto della tutela del pluralismo si potrebbe trasformare in quello opposto di riduzione ulteriore delle voci indipendenti.
Noi riconosciamo ed apprezziamo, quindi,il percorso fin qui compiuto nel confronto con il Governo e la Commissione Cultura della Camera ed i firmatari delle due proposte di Legge (a.c. n.3317 Coscia e a.c. n.3345 Pannarale), ed oggi vediamo molte cose positive nel testo di legge approvato in Commissione Cultura e in discussione in questi giorni alla Camera.
D’altra parte come non ricordare che nel primo incontro con il sottosegretario Luca Lotti, molti mesi fa, eravamo di fronte ancora alla discussione su una proposta di legge del Movimento Cinque Stelle che intendeva abolire totalmente il contributo diretto all’editoria e che oggi, invece, dopo che quella proposta di legge è stata sonoramente bocciata in Parlamento, siamo di fronte alla scelta di dar vita ad un Fondo per il Pluralismo e l’innovazione dell’Informazione? Un Fondo che pare finalmente poter essere dotato di risorse adeguate e pensato come un punto stabile di un assetto del sistema dell’informazione nel Paese che inizia ad individuare nuovi strumenti per inverare i principi affermati nell’art.21 della Costituzione Italiana e nella Carta dei principi fondamentali dell’Unione Europea.
Nella legge oggi in discussione vi sono poi elementi importanti: a partire della conferma della necessità dell’intervento pubblico nel settore dell’informazione per correggere le distorsioni del mercato; all’allargamento alle testate online dei soggetti che possono accedere con specifici criteri a cui sottostare, alla contribuzione pubblica; alla possibilità per le realtà già titolari di contributo di costruire processi innovativi e nuovi modelli organizzativi attenti alla crescente possibile interazione tra cartaceo e digitale; alla nascita di nuove piattaforme comuni tra le diverse testate; alle opportunità di sostenere nuove start up nel settore editoriale; alle incentivazioni fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali in particolare verso le piccole testate locali; o al valore incrementale da attribuire all’occupazione, in particolare di lavoratori al disotto dei 35 anni.
Ma essere pronti ad evidenziare ed apprezzare l’importanza del percorso in essere, aldilà di aspetti pur importanti, ma non decisivi, su cui il Testo attuale della Legge non corrisponde a valutazioni e integrazioni da noi proposte non significa certo rinunciare a denunciare l’assoluta necessità di alcuni interventi emendativi del testo in discussione dai prossimi giorni alla Camera che se non presi in considerazione e se non accolti rischierebbero di cambiare radicalmente di segno al grande valore del lavoro fin qui compiuto.

Qual è il momento vissuto dai vostri associati?
Ci pare utile esprimere, anche se con la giusta misura, la gravità della situazione in essere e ripercorrere alcuni degli elementi che l’hanno complicata.
Siamo, infatti, oggi, di fronte ad un momento di grande aspettativa e, insieme, di straordinaria incertezza non certo solo per tante delle realtà a noi associate, ma, più in generale per l’intera editoria giornalistica indipendente locale e nazionale.
Nella generale crisi che ha vissuto e vive l’intero comparto editoriale va subito sottolineato, infatti, come negli ultimi anni le realtà più piccole ed autonome siano state lasciate senza le necessarie tutele, con evidenti e preoccupanti problemi per l’affermazione del pluralismo nel Paese.
Nel 2013 le testate ancora in vita erano 211, contro le 253 del 2009 e il fabbisogno calcolato sulla base della normativa in vigore era di 81.544.530 euro contro quello di 156.871.977 del 2009: con la differenza di fondo, però, che nel 2009 lo Stato aveva erogato il 100% del contributo e nel 2013 solo il 53,88% di quanto dovuto sulla base delle rendicontazioni effettuate. Un taglio avvenuto ex post rispetto ai tempi di approvazione dei Bilanci delle imprese e senza l’indispensabile attenzione alle conseguenze sulle cooperative di giornalisti e sulle altre realtà no profit che i tagli così fatti avrebbero provocato. Utile citare, a conferma delle conseguenze prodotte, che, escludendo le realtà che sono sostenute dal comma 3 dell’attuale normativa, le testate titolari di contributi diretti all’editoria sono passate nello stesso periodo 2009-2013 da 116 a 68!!!! E altre, anche storiche, hanno poi cessato le pubblicazioni nel 2014 portando il dato attuale a 51.
Recentemente, poi, si è anche aggiunta, a complicare non poco la situazione, l’inquietante vicenda della consegna “limitata” o “solo in certi giorni della settimana” di giornali e periodici da parte delle Poste in molti comuni italiani.
Nonostante questo l’indispensabile processo di adeguamento dei propri piani industriali e di innovazione che era già in atto ha consentito ad alcune realtà di continuare, anche se con grande fatica, la propria esperienza editoriale anche dopo gli ulteriori tagli avvenuti anche per l’esercizio 2014 ..ma un tale sforzo non è replicabile! È, quindi, ora più che mai, indispensabile poter prevedere e valutare con chiarezza le conseguenze più rilevanti che la Riforma, così come è oggi, produrrebbe e misurarne gli effetti concreti sulla sostenibilità per le cooperative e le altre realtà no profit del settore. E su questo aspetto intendiamo incalzare con determinazione la discussione Parlamentare per creare la necessaria consapevolezza sulle conseguenze fortemente negative che deriverebbero da alcune parti dell’articolato attuale.
Ma,in primo luogo, quello che non deve avvenire è che manchino ancora una volta certezze per far fronte al fabbisogno per l’anno “ponte” verso l’applicazione della riforma, il 2015, per altro, già ampiamente terminato.
E qui la legge dovrebbe colmare una mancanza molto grave: senza di essa il rischio che arrivino in pochissimi alla Riforma e che si determini un’altra definitiva stagione di chiusure è all’ordine del giorno.
Le cooperative stanno facendo la loro parte, hanno investito sul cambiamento e sull’innovazione e continueranno a farlo con vigore nei prossimi mesi, ma come detto, si devono determinare le condizioni affinché esse alla Riforma possano arrivare!.

Quali sono le vostre priorità in questa situazione?
Come detto siamo impegnati a continuare a dare il nostro contributo al percorso della legge di Riforma e a fare in modo che, con poche ma fondamentali modifiche, essa possa divenire una prima significativa tappa di un percorso di cambiamento che offra certezza di regole e criteri severi e trasparenti per accedere alla contribuzione pubblica, ma anche obblighi chiari che lo Stato si assume dopo aver determinato richiesto e verificato il rispetto di questi obblighi da parte delle imprese: quindi, anche rispetto alle questioni che dovranno essere riviste ed approfondite nelle deleghe al Governo fondamentale diviene l’affermazione del diritto soggettivo, della necessità cioè che all’ammontare del fabbisogno complessivo delle risorse connesse ai costi certificati sostenuti dalle cooperative di giornalisti autogestite corrisponda la certezza della quantità dell’intervento pubblico.
Sta qui anche la questione certamente non secondaria del valore “politico” delle deleghe che la legge affida, di fatto, al Governo: non tanto rispetto alle modalità di ripartizione tra Ministero dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra radio e tv e carta stampata e online e le altre misure… quanto per eventuali criteri non certi e indiscutibili in base ai quali, a fronte di rispetto di criteri stabiliti e delle opportune verifiche, le contribuzioni siano certe e non “discrezionali” da parte del Governo.
Ma veniamo alle questioni più rilevanti che chiunque abbia a cuore il pluralismo non può non valutare con tutta l’attenzione necessaria. Le ricordo schematicamente:
La mancanza delle risorse per l’erogazione dei contributi 2015, ricordando a proposito l’esigenza delle imprese interessate di poter avere la certezza delle risorse per chiudere i bilanci 2015 e programmare il 2016.
L’introduzione del tetto massimo del 50 % dei ricavi dell’impresa al netto del contributo pubblico di possibile intervento dello Stato a sostegno delle testate giornalistiche ammesse. la nostra valutazione  ci dice concretamente che nella realtà attuale, questo “tetto” porterebbe ad un contributo alle testate pari a percentuali del calcolo del dovuto estremamente modeste e penalizzanti e questo già’ dalla contribuzione 2016. Una percentuale molto bassa che diverrebbe, nelle attuali situazioni di mercato, assolutamente non sostenibile.
Le nuove modalità di corresponsione materiale del contributo pubblico: viene prevista una modalità con pesante ricadute negative sul piano finanziario e del tutto insufficiente per garantire la continuità dell’esercizio aziendale per piccole imprese cooperative di giornalisti e altre realtà non profit:si prevede, infatti, che il contributo sia erogato in due rate annuali, la prima delle quali erogata al 30 maggio, pari al 30 per cento di quanto percepito l’anno precedente e il restante 70% entro il termine di conclusione del procedimento. Situazione non certo gestibile attualmente dalle imprese.

Continua a leggere l’intervista a Roberto calari

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