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RIDATECI LAVITOLA! (Luca Bonaccorsi)

Dopo aver sentito parlare il sottosegretario con delega all’Editoria, On. Bonaiuti, in più d’uno devono aver pensato: ridateci Lavitola. Perché almeno, così si è scoperto dalle intercettazioni, il mariuolo del finto Avanti!, animatore di serate indimenticabili per il premier, almeno lui il settore l’aveva salvato l’anno scorso (e forse anche quello prima, chissà). In fondo ci è già successo col dilemma dell’indulto del 2006. Per liberare 10 mila disgraziati sprimacciati in carceri illegali e disumane, la maggioranza di centrosinistra dovette venire a patti con i berlusconiani: l’oggetto dello scambio era Previti. E Previti fu liberato. C’è chi si è pentito di quella scelta. Noi no. Diecimila a uno fu un ottimo tasso di cambio. Così, oggi, chi non farebbe a cambio tra un Lavitola e la salvezza del comparto?
Ieri durante la partecipata riunione organizzata da Fnsi e Mediacoop alla sala mappamondo della Camera, ovviamente, la discussione è rimasta nei canoni della “norma” (anche perché quelli come Lavitola hanno distrutto l’immagine dei contributi per l’editoria). Con i giornali che annunciano la chiusura, l’inutile Richi Levi (una delle note occasioni perse del centrosinistra) e la solita apertura di Bonaiuti che (e almeno gli va riconosciuto il coraggio) dopo aver assistito immobile al massacro del settore si è presentato con una proposta di “dialogo d’urgenza” nei prossimi 40 giorni e niente popòdimenoché un decalogo per la salvezza.
Le cose da fare in realtà le sanno tutti: i contributi vanno parametrati alle copie veramente stampate e distribuite e al numero di lavoratori che un giornale impiega. E l’Iva per le bamboline all’edicola va equiparata a quella dei negozi. Lo sappiamo da anni. Lo proponiamo da anni. Per questo la proposta Bonaiuti di una “rivoluzione” in poche settimane più che sorridere fa incazzare. Per fortuna gli ottimi Salani e Grassucci di Mediacoop continueranno a trattare. E così la Fnsi.
Ma a noi sia concessa questa verticale, integrale, incazzatura. E non tanto perché al governo ci sono signori che pensano sia bene tagliare i giornali, l’ambiente e i servizi sociali: più o meno tutto ciò che ci sta a cuore. E neanche perché ci troviamo a lavorare senza soldi, in condizioni di difficoltà personale estrema. Ma perché il metodo scelto per l’eliminazione di tutte queste aziende e posti di lavoro è davvero bastardo. Il governo poteva mantenere il diritto soggettivo e applicare un “taglio lineare”: il 20,30,50%. Ma con il diritto soggettivo quel credito sarebbe stato esigibile e “bancabile”. Invece hanno scelto la strada della “indeterminatezza” della cifra. Così facendo hanno azzerato i rapporti con le banche e quindi, defacto, cancellato integralmente il contributo all’editoria.
C’è un bizzarro mix di ignoranza e sadismo nella “tecnica” omicida scelta. E l’incazzatura cresce. Anche perché al settore manca lo spunto, la generosità, di fare di tante piccole voci una, potente.
La citazione sbagliata di oggi è di quella pazza di Ulrike Meinhof: “Se uno tira un sasso, il fatto costituisce reato. Se in mille tirano un sasso è un’azione politica”. Né questo articolo, né quello di Norma Rangeri domani sul Manifesto, o quello di Claudio Sardo sull’Unità, o quello di Donatella Coccoli su Left, o quello di Tarquinio sull’Avvenire avranno un effetto rilevante. Eppure se tutte le testate, se su tutte le 400 mila copie che vendiamo nel Paese ogni giorno, ci fosse lo stesso grido, (la stessa copertina?), lo stesso sasso. Quello, forse, sarebbe un atto politico.
Luca Bonaccorsi (Terra)

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