Maurizio Molinari è stato sfiduciato dai giornalisti di Repubblica. È passata la mozione presentata ieri dopo che la redazione si è ribellata quando, per evitare che uscisse un articolo evidentemente ritenuto sgradito dalla proprietà Gedi-Elkann, sono state mandate al macero 100mila copie del giornale e, contestualmente, è stato ristampato tutto con un nuovo articolo, sempre sui rapporti economici di forza tra Italia e Francia, diverso da quello originariamente previsto in pagina.
Maurizio Molinari è stato fortemente voluto alla guida di Repubblica proprio dagli Elkann-Agnelli. Ma nel corso del tempo la sua direzione ha finito per diventare invisa ai giornalisti. L’ultimo caso è quello dell’articolo su Stellantis, Italia e Francia ma la scintilla che ha fatto da detonatore sta (anche) nella linea editoriale imposta dallo stesso Molinari sulla guerra che sta insanguinando il Medio Oriente. Non è un mistero, infatti, che per la redazione quella del direttore è una direzione forse troppo filo-israeliana e che un incidente su questi temi si è verificato a cavallo del festival di Sanremo con lo strano caso dell’intervista sparita al rapper Ghali.
L’esito del voto della mozione è stata una catastrofe per Molinari: i giornalisti di Repubblica, come ha reso noto il comitato di redazione che della mozione stessa si era fatto promotore, hanno votato a larghissima maggioranza per il sì alla sfiducia. E lo hanno fatto con 164 sì, appena 55 no e 35 astenuti. All’esito del voto, il Cdr ha pure proclamato uno sciopero della firma della durata di 24 ore. “Il direttore ha la potestà di decidere che cosa venga pubblicato o meno sul giornale che dirige, ma non di intervenire a conclusione di un lavoro di ricerca, di verifica dei fatti e di confronto con le fonti da parte di un collega, soprattutto se concordato con la redazione – si legge nella lunga nota del Cdr – . In questo modo viene lesa l’autonomia di ogni singolo giornalista di Repubblica e ciò costituisce un precedente che mette in discussione, per il futuro, il valore del nostro lavoro”.
Ma non è tutto: “Il Cdr considera altrettanto grave che l’intervento abbia portato a bloccare la stampa del giornale, in particolare perché la direzione aveva già dato il via libera alla pubblicazione. È indice di una mancata organizzazione che espone ad arbitrarietà incontrollata il lavoro di tutti. Il Cdr condanna lo spreco di tempo e di risorse per la ristampa di una parte di Affari&Finanza, in un momento in cui la redazione con l’ennesimo piano di prepensionamenti viene chiamata a nuovi sacrifici; segnala come l’accaduto esponga Repubblica in modo negativo di fronte ai suoi interlocutori esterni e di fronte ai lettori, non ultimo il fatto che per alcune ore sono circolate in rete le due aperture di Affari&Finanza, prima e dopo l’intervento della direzione”. La conclusione è al vetriolo: “Quanto avvenuto è l’ultimo episodio di una serie di errori clamorosi originati dalle scelte della direzione che hanno messo in cattiva luce il lavoro collettivo di Repubblica”.