Il coordinamento dei precari di Repubblica non le ha certo mandate a dire al direttore Maurizio Molinari che, nei giorni scorsi, ha incontrato la platea degli studenti della Luiss. “Ci trova d’accordo l’intenzione del direttore di tornare ad assumere giovani. Sarebbe un bel cambio di paradigma in un’azienda che costruisce intere pagine con le firme di tanti pensionati molto ben pagati. Che continuano a lavorare come inviati o con funzioni direttive nelle sezioni innovative che lo stesso direttore cita come il futuro dei giornali”.
Resta alto il livello di scontro tra i collaboratori e la direzione del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Molinari, durante un confronto con i ragazzi, ha disegnato il futuro del giornalismo verso frontiere sempre più digitali. E proiettate a una sorta di giornalismo orientato verso l’intrattenimento con il potenziamento delle aree social e del progetto Podcast. Ma ha fatto luce su un fatto che pare incontrovertibile, a proposito di collaboratori esterni: “Sempre di più, credo. Grazie allo smart working i giornali avranno sempre meno redattori in redazione e molti più collaboratori in giro e da casa. Credo stiamo andando in questa direzione”.
Ai precari, queste parole non sono andate giù per niente: “Il direttore di Repubblica Maurizio Molinari parla agli studenti della Luiss e quando dice “i giornali avranno sempre meno redattori in redazione e molti più collaboratori” pensa di descrivere i giornali di domani. A noi sembra invece che descriva molto bene il presente di Repubblica, un quotidiano. Che, già oggi, in gran parte viene fatto dai collaboratori, impegnati quotidianamente a coprire interi settori con un impegno più o meno identico a quello di molti redattori. Ma con compensi nemmeno lontanamente paragonabili”.
E hanno aggiunto: “È lodevole che il direttore voglia mettere i giovani studenti di fronte a una schietta verità, dicendo loro che non possono che aspettarsi una vita di precariato, spesa sull’uscio delle redazioni o all’interno, ma da abusivi. Concordiamo che è molto meglio sapere prima quale strada si sta imboccando e decidere, nel caso, di cambiare rotta verso una di quelle professionalità (analisti, sceneggiatori, operatori di droni) che invece sembrano trovare ancora spazio per l’assunzione nei piani dell’azienda”.
Per il coordinamento dei precari la situazione è grave per il presente dei collaboratori attuali: “Ci chiediamo però che cosa potremmo fare noi, a cui nessuno ha mai detto così chiaramente che il nostro ruolo di collaboratori sarebbe stato l’inizio, il presente e anche il futuro, e che da anni lavoriamo con impegno nelle redazioni, fianco a fianco con i redattori, e abbiamo ancora l’ambizione, un giorno, di entrare a far parte stabilmente di quelle realtà a cui già dedichiamo il massimo impegno e con cui collaboriamo, molto spesso, in via esclusiva”. Dunque hanno concluso: “Se il direttore dovesse tenere la stessa “lectio magistralis” ai suoi 90 precari cosa direbbe? Perché una cosa è certa. Ognuno di noi è pronto “a vivere costantemente in bilico” sulla notizia, ma non crediamo che la “dimensione del giornalista” sia una vita di precariato”.
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