Prosegue la contrazione del settore dei servizi di comunicazione (tlc, radio, tv, poste, editoria e internet), i cui ricavi nel 2013 sono scesi a 56,1 miliardi, in calo del 9% sul 2012. E’ quanto rileva l’Autorità per le tlc nella Relazione annuale, ricordando che, oltre alla crisi, pesa il calo dei prezzi, in picchiata del 44% negli ultimi 15 anni. Nella Relazione annuale al Parlamento, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni descrive un settore in profonda trasformazione ma che ancora fatica a riprendersi, sebbene la crisi in questo mercato abbia pesato in misura ben più contenuta rispetto ad altri. I tre sottosettori nei quali l’Agcom suddivide il mercato, infatti, mostrano andamenti diversi. Le tlc, che rappresentano la fetta più grossa, registrano una flessione del 10,77% a 34,4 miliardi di euro: è in particolare la telefonia mobile (dove si concentra la forte discesa dei prezzi, che evidentemente incide sui ricavi) a mostrare la corda, con una flessione del 14% a 17,26 miliardi e che la fa tornare grosso modo allo stesso livello di quella fissa (17,20 miliardi, -7,4%). Più contenuta la flessione dei media (radio, tv, stampa e Internet), che perdono il 7% a 14,7 miliardi: in questo caso di particolare rilevanza è il crollo dei periodici, con ricavi ad appena 2,35 miliardi (-17%). In contrazione del 2%, a 6,9 miliardi di euro, sono infine i servizi postali. Continua, insomma, la debacle di uno dei settori trainanti degli anni 2000: e un’ulteriore prova sta nel fatturato lordo, che scende sotto il 4% del Pil. Tuttavia, come appare evidente dai dati, non sono solo crisi e contrazione dei consumi a far mettere la retromarcia. Di grande rilevanza è infatti la diminuzione dei prezzi, che si fa sentire in particolare nella telefonia mobile, tanto che, come sottolinea il presidente Angelo Marcello Cardani, “il confronto internazionale mostra come le famiglie italiane possano accedere ai diversi servizi di comunicazione sostenendo una spesa inferiore rispetto a quella sopportata mediamente dalle famiglie di altri Paesi europei”. Qualche segnale di inversione di tendenza sulla salute del settore, inoltre, si riesce a scorgere: la flessione degli investimenti nel settore delle tlc (rete fissa), infatti, è decisamente più contenuta rispetto al 2012, con un -0,7% contro il -6,5% dell’anno precedente. La rete mobile è invece in affanno (-9,8% contro +7,7%), ma si tratta di un dato che non fotografa pienamente la realtà, visto che nel 2013 c’è stato l’esborso da parte degli operatori per le frequenze 800.
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L’editoria, quotidiana e periodica, ha perso nel 2013 quasi 700 mln di ricavi. Il fatturato dei quotidiani è sceso del 7%, quello dei periodici il 17,2%. E’ quanto emerge dalla Relazione Agcom. I ricavi dei quotidiani passano da 2,5 mld del 2012 a 2,3 mld del 2013. I periodici da 2,8 mld a 2,3 mld. Il fatturato dei quotidiani è ormai lontano dai 3,1 miliardi del 2009: nel 2012 restano stabili i ricavi da vendita di copie (-0,48% a quota 1 miliardo 162 milioni), a pesare è il calo della pubblicità (-13,17% a quota 983 milioni). I ricavi da collaterali perdono il 16,53%, ora a quota 107 milioni. Per quanto riguarda i periodici dal 2010 è andato in fumo oltre un miliardo di ricavi (da 3,4 miliardi a 2,3 miliardi). L’anno scorso i ricavi da vendita di copie sono scesi del 13% (1,6 miliardi a 1,4 miliardi), la pubblicità del 24,1% (da 1 miliardo a 766 milioni), i collaterali del 21,3% (da 167 a 131 milioni).
Ancora giù i ricavi del settore televisivo. L’anno scorso sono calati del 4,4%, passando dagli 8 miliardi e 387 milioni del 2012 agli 8 miliardi e 21 milioni del 2013. E’ quanto emerge dalla Relazione annuale dell’Agcom. Il trend negativo è iniziato nel 2011. In particolare la tv gratuita ha rastrellato 4 miliardi e 694 milioni, con un calo del 6% rispetto al 2012 dovuto in particolare al crollo della pubblicità. Meno accentuata la riduzione dei ricavi delle tv a pagamento, ora a quota 3 miliardi 325 milioni (-2%).
Sky resta regina dei ricavi tv in Italia nel 2013, la Rai perde meno dei concorrenti ed è ora seconda, sorpassando Mediaset. E’ quanto emerge dalla Relazione annuale dell’Agcom al Parlamento. Lo scorso anno il gruppo 21st Century Fox/Sky Italia ha rastrellato 2,6 mld (-3,5% rispetto al 2012), la Rai 2,3 mld (-1,6%), Mediaset 2,2 mld (-8,2%).
Anno nero, il 2013, per la pubblicità: il calo dei ricavi complessivi rispetto all’anno precedente è stato del 10,9%, da 8,3 miliardi a 7,4 miliardi. Crollano periodici (-24,1%) e quotidiani (-13,2%), ma vanno male anche tv (-10,1%) e cinema (-7%). La radio perde il 6,4%. Scende per il primo anno anche Internet (-2,5%). Per quanto riguarda l’incidenza sul mercato complessivo – secondo il quadro che emerge dalla Relazione annuale dell’Agcom al Parlamento – la tv è largamente in vetta con il 43,7% (i ricavi sono 3 miliardi 257 milioni). Aumenta il peso di Internet, ora al 19,7% (1 miliardo 465 milioni), i quotidiani sono al 13,2% (983 milioni).
“L’Italia mostra segnali di debolezza nello sviluppo e penetrazione di reti digitali di nuova generazione e di accesso ai servizi più innovativi”. Lo afferma il presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, nella Relazione annuale al Parlamento, sottolineando che “sebbene nell’ultimo anno si sia parzialmente ridotto il divario digitale dell’Italia rispetto alla media europea, molti sforzi restano da compiere e in questo comune obiettivo l’Autorità continua a fare la sua parte”. Il presidente è anche tornato su un tema che è stato al centro delle discussioni in queste ultime settimane, vale a dire l’aumento del contenzioso con gli operatori, “tuttora molto elevato, con ricadute sui tempi di efficacia delle nostre decisioni e in termini di incertezza della regolazione”. Tra gli ultimi esempi, c’è lo scontro con Telecom Italia in merito alle tariffe di unbundling per il 2010-2012, rimesse in discussione dopo alcune sentenze del Consiglio di Stato: “Nel corso del biennio – ha rilevato Cardani – l’Autorità è stata criticata per decisioni con effetti retroattivi; anche questa, tuttavia, è una conseguenza dei lunghi e imprevisti iter amministrativi, innescati dai ricorsi delle imprese verso le decisioni dell’Autorità”. Secondo Cardani, pertanto, “è bene evitare un abuso o un uso strumentale del contenzioso”. Altra questione che sta a cuore all’Agcom è ovviamente la riforma della P.a., che contiene un riordino delle autorità indipendenti: “Ovviamente – ha premesso il presidente – ci adegueremo a quello che risulterà il dettato legislativo”, tuttavia per Cardani “tale riforma non può prescindere né dalle peculiarità dell’Agcom, né dalla valutazione degli effettivi e non presunti risparmi di spesa a parità di risultati, né dalla salvaguardia dell’autonomia e indipendenza delle Autorità dal potere economico e politico”.
“Sappiamo che tre progetti impegneranno il legislatore: la riforma del sistema radiotelevisivo e del servizio pubblico; la natura e la governance della Rai; il ripensamento del modello di sostegno e promozione dei contenuti di informazione e comunicazione del settore dell’editoria. Mi preme sottolineare come tutte queste riforme siano figlie di un cambiamento comune, quello dell’informazione e comunicazione digitale, che richiede uno sforzo verso la convergenza normativa”. Lo ha sottolineato il presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani, nella Relazione annuale al Parlamento, aggiungendo che tale sforzo deve avvenire “nel riconoscimento del principio di neutralità delle reti” e non deve tralasciare “le necessarie garanzie del pluralismo, dell’interesse generale e della risposta a bisogni fondamentali dei cittadini nella fruizione dei contenuti”. “Un’Autorità convergente – ha affermato – che il legislatore lungimirante aveva già ritenuto tale nel 1997 può fornire a tali riforme un apporto fondamentale”.
La legge sulla par condicio “denuncia sempre maggiori ed evidenti criticità applicative, specie nei periodi elettorali, rispetto alle quali è certamente auspicabile un nuovo intervento del legislatore che possa coniugare la irrinunciabile esigenza di assicurare una efficace tutela del pluralismo informativo, con l’evoluzione del panorama mediatico e politico”. Così il presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani, alla Relazione annuale in Parlamento. Cardani ha ricordato che “l’Autorità, alla fine del 2013, ha avviato un processo di revisione della disciplina attuativa della legge medesima per il periodo non elettorale al fine di tenere conto dei cambiamenti intervenuti nelle modalità di fruizione del mezzo radiotelevisivo e nei format dei programmi”. Il presidente Agcom ha quindi sottolineato che “la comunicazione politica, genere sul quale il legislatore del 2000 aveva costruito il “baricentro” della par condicio, rappresenta in effetti un veicolo di informazione ormai superato: i dati di ascolto evidenziano una scarsa attenzione del pubblico verso questa tipologia di programmi”. “Di contro – ha proseguito -, è cresciuta l’attenzione per i telegiornali e per i programmi di approfondimento che, prendendo le mosse da fatti di attualità, sono realizzati con format nuovi che attraggono l’interesse del pubblico per il tipo di confronto proposto”. “I compiti di vigilanza di cui l’Autorità è investita – ha aggiunto Cardani – sono divenuti, inoltre, via via più complessi in ragione, da un lato, dell’evoluzione delle modalità di fruizione del contenuto radiotelevisivo, e dall’altro, della “incontrollabile” frammentazione partitica, ben lontana dal bipolarismo che aveva ispirato la disciplina del 2000″. “Il mutamento di scenario cui ho fatto cenno – ha concluso – richiede una profonda riflessione del legislatore, volta ad adeguare l’impianto normativo al nuovo quadro mediatico e politico di riferimento. In questo senso, procederemo quanto prima ad inviare una segnalazione al Governo evidenziando gli specifici profili di criticità della disciplina vigente”.
E’ necessaria una riflessione “sulla nuova stagione della ‘regolazione 2.0′”, in materia di nuovi servizi Internet, ruolo degli Over the top, “Internet delle cose, Big e Open Data”. E’ la richiesta arrivata dal presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani, nel corso della Relazione annuale. Cardani ha spiegato che “occorre interrogarsi sull’eventuale cambiamento dell’approccio regolamentare” per cogliere “l’effettiva portata dell’ingresso degli Over The Top sui mercati delle telecomunicazioni, oltre che su quelli dei media” ed ha ricordato che “da più parti, in sede internazionale e nazionale, viene con sempre più forza la richiesta di stabilire una parità di obblighi tra i diversi soggetti attivi dal lato dell’offerta”. “Ad ogni modo – ha aggiunto -, le autorità di regolazione hanno di fronte la sfida di analizzare e definire quali siano le questioni, le competenze e gli strumenti posti dalla regolazione di internet o meglio, delle diverse articolazioni cui essa dà luogo: oltre alla disciplina del diritto d’autore online, si pongono temi di enorme rilievo, quali ad esempio, come accennato, la tutela dei minori, la sicurezza delle reti, il pluralismo dell’informazione, l’eventuale disciplina della net neutrality, la regolazione delle piattaforme e dei servizi machine to machine, delle piattaforme che utilizzano le apps, o, più ampiamente, della cosiddetta internet delle cose”. (ANSA, 15 luglio 2014)