Libera manifestazione del pensiero, violazione dei parametri di ragionevolezza e proporzionalità, violazione del principio del giudice naturale: sono queste le principali censure mosse dal Tar Lazio al regolamento dell’AgCom sulla pirateria informatica. Le associazioni dei consumatori e degli editori online hanno vinto la prima battaglia: il Tar ha rinviato il regolamento alla Corte Costituzionale, che ne dovrà vagliare la compatibilità con la Carta.
I giudici amministrativi non hanno dubbi: di fronte al continuo calo di lettori della carta stampata, internet è diventato un principale strumento di attuazione di quella libertà di pensiero garantita dalla Costituzione. Per questo la tutela del diritto all’accesso alle informazioni sul web dev’essere preferita alla tutela del diritto d’autore.
Ora la palla passa alla Corte Costituzionale: ecco i punti su cui la Consulta è chiamata a pronunciarsi.
Un regolamento non basta: violata la riserva di legge
Secondo i giudici del Tar il regolamento coinvolge diritti fondamentali dei cittadini. E’ per questo che è necessaria una legge che guidi l’Autorità a scegliere tra la libertà del pensiero e la lotta alla pirateria. Quella legge però non c’è. Eppure è dal 1956 che la Corte Costituzionale sostiene che le limitazioni alla libera manifestazione del pensiero possono avvenire solo per legge. Invece nel decreto legislativo 30/2003 manca una disciplina che segni la strada da percorrere nella ponderazione fra interessi costituzionalmente protetti. Il risultato? Carta bianca all’Autorità che ha regolato la materia pur in assenza di una legge che dettasse linee guida.
Negato il ricorso al giudice: gli operatori del web senza tutele
Basta la semplice denuncia da parte di un privato o della SIAE per dare inizio al procedimento da parte dell’AgCom. L’Autorità verificherà solo la fondatezza dell’istanza senza particolari parametri di riferimento dettati dal legislatore. E se il proprietario della pagina web volesse portare dinanzi al Tribunale chi l’ha denunciato all’Agcom per far valere i suoi diritti? Impossibile: il procedimento amministrativo, una volta avviato, viene archiviato solo se chi si è rivolto all’AgCom successivamente sceglie di rivolgersi al giudice ordinario. Gli operatori e gli utenti del web coinvolti nel procedimento non possono autonomamente decidere di difendersi davanti al giudice ordinario, come invece dispone la Costituzione. Questo meccanismo secondo i giudici del Tar vìola la tutela giurisdizionale in materia di libera manifestazione di pensiero nonché il principio del giudice naturale precostituito per legge.
La libera manifestazione del pensiero vale più del copyright
Il senso dell’intera ordinanza è espresso in poche righe messe nero su bianco dalla Prima Sezione: “la Costituzione ha posto in un diverso ordine i diritti fondamentali e le libertà economiche, ammettendo, in caso di conflitto, il sacrificio di quest’ultime”.
Non basta quindi la lesione di un diritto di natura economica per imbavagliare il diritto alla manifestazione del pensiero, fino ad arrivare alla rimozione della pagina. Vero è che la rimozione è la sanzione più grave, applicata esclusivamente quando la violazione appare “massiva”: ma più volte la dottrina si è interrogata sul significato da dare a questa oscura espressione dell’AgCom senza riuscire a dargli un significato.
In presenza di tali presunte violazioni non resta che attendere il verdetto della Corte Costituzionale , in attesa del quale il presidente dell’AgCom ha diffuso i primi dati sull’applicazione del contestato regolamento.
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