Proposta choc dall’Intellectual Property Office che in Gran Bretagna lancia una consultazione pubblica a favore del copyright
Un anno fa, Sajid Javid, attuale Ministro della Cultura inglese, da poco succeduto a Maria Miller, fece molto parlare di sé per aver dato notevole impulso al PIPCU, Police Intellectual Property Crime Unit, il nuovo reparto della polizia finanziato con 2,5 milioni di sterline allo scopo di tutelare la proprietà intellettuale.
Molti ricordano come il ministro di origini pakistane non esitò a definire “un vero e proprio furto” la violazione del diritto d’autore on line chiedendo aiuto ad alcuni colossi come Google, Microsoft e Yahoo.
Secondo i piani di Javid, le big company dovevano collaborare contro il fenomeno dilagante del cyber crime, bloccando tutti gli utenti che tentavano di connettersi a siti illegali.
A circa un anno di distanza si è rilevato che le misure adottate non hanno dato i frutti sperati e, complice la vivace protesta di migliaia di professionisti legati all’industria dei contenuti, oggi l’Autorità del Regno Unito ha avviato una consultazione pubblica per interpellare i privati cittadini sull’inasprimento della pena da 2 a 10 anni di reclusione.
Un aggiornamento destinato a rivoluzionare il Copyright Design and Patent Act del 1988, ormai obsoleto.
La proposta contenuta nel sondaggio potrebbe essere il preludio di una nuova normativa che tende al equiparare la violazione del copyright on line con quella off line. E più precisamente i cittadini d’oltremanica sono chiamati a rispondere se è giusto o meno punire i trasgressori, dell’uno o dell’altro reato, nella stessa maniera.
Il governo è pronto a quintuplicare gli anni di detenzione dopo aver preso atto dei danni causati, per diversi milioni di sterline, dall’industria della pirateria digitale attivissima nel Regno Unito come nel resto del mondo.
I settori più colpiti sono quelli dell’editoria (libri e giornali in testa) e della musica. Lo scopo della consultazione è di combattere il cyber crime non solo in Gran Bretagna ma in ogni continente perché il governo inglese spera che l’iniziativa popolare possa essere presa a modello anche da altri Paesi dove la tutela della proprietà intellettuale non è sufficientemente protetta e salvaguardata.
Con la collaborazione dei cittadini e dei maggiori fornitori di connettività, il Regno Unito spera di riuscirci, stavolta facendo sul serio.
Nell’ambito del Digital Economy Act infatti, già da quest’estate potrebbe partire l’innovativo sistema on line che avvisa gli utenti di non utilizzare siti pirati o scaricare contenuti in maniera illecita.
Dal Regno Unito, quindi, scende in campo una vera task force che forse farà tremare i trasgressori, sia che si tratti di semplici utilizzatori piuttosto che di esperti hacker, senza limitare la libertà della rete.
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