L’ultima volta è accaduto l’11 giugno 1995: il referendum abrogativo in Italia da allora non ha mai più raggiunto il quorum. Nel 1995 si votava per i tre quesiti sulle tv, ultimo e fallimentare tentativo concreto di una parte dell’elettorato e di una parte del centrosinistra di mettere dei limiti alla potenza comunicativa ed economica di Silvio Berlusconi, ma anche per cambiare norme su commercio, rappresentanze sindacali, legge elettorale per le comunali, mafia. Il risultato fu articolato, sette no e cinque sì, ma forse proprio quell’ubriacatura di dodici quesiti a rendere gli elettori un po’ allergici allo strumento referendario.
Il 15 giugno 1997 clamoroso fallimento dei sette quesiti su privatizzazioni, obiezione di coscienza, caccia, carriere e incarichi dei magistrati, ordine dei giornalisti e Ministero delle politiche agricole: solo il 30,2% degli elettori decise di andare a deporre la scheda nell’urna. Di tutt’altro segno, il 18 aprile del 1999, il flop del singolo quesito per abolire la quota proporzionale dall’allora vigente legge elettorale: il 91,5% delle schede votate era per il sì, ma il quorum si fermò al 49,6%, mancando d’un soffio l’obiettivo.
Tutti disertati dagli elettori gli appuntamenti successivi: il 31 maggio 2000 circa il 32% degli elettori non è bastato a dare validità alla consultazione su un nuovo tentativo di abolire la quota proporzionale oltre che su rimborsi elettorali, elezione del Csm, separazione delle carriere dei magistrati, incarichi extragiudiziari per le toghe, trattenute sindacali e abolizione articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ancora più basso, attorno al 25%, il risultato del tentativo opposto di estensione dell’articolo 18 alle imprese con meno di 15 dipendenti e dell’abrogazione dell’obbligo di servitù dei terreni per gli elettrodotti. Stesso risultato, il 12 e 13 giugno 2005, per i quattro quesiti abolizionisti della legge sulla procreazione assistita.
L’ultimo tentativo di chiamare gli elettori a pronunciarsi su un referendum abrogativo risale al 21 e 22 giugno 2009: meno del 24% degli aventi diritto si recò alle urne, in quell’occasione, per i tre quesiti elettorali. I primi due erano finalizzati a spostare dalla coalizione alla singola lista più votata il premio di maggioranza, alla Camera e al Senato, il terzo per il veto di candidatura in più circoscrizioni. (TMNews)
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