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REFERENDUM PER LA RATIFICA DEL TRATTATO DI LISBONA. IN IRLANDA CRESCE IL FRONTE DEL “NO”

Il trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea è stato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 dai Rappresentanti dei 27 Stati membri. A norma dell’articolo 6, il trattato dovrà essere ratificato dagli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2009, se tutti gli strumenti di ratifica saranno stati depositati, altrimenti, il primo giorno del mese successivo all’avvenuto deposito dell’ultimo strumento di ratifica. Unico tra i ventisette paesi dell’Unione a dover ricorrere al referendum popolare per la ratifica dell’accordo europeo, l’Irlanda giovedì andrà alle urne.
Due giorni fa un sondaggio ha seminato il panico a Bruxelles: il 42% degli elettori è a favore del trattato e il 39% è contrario mentre il restante 19% non ha ancora deciso. In questo tipo di indagine demoscopica esiste sempre un margine di errore quantificabile in alcuni punti percentuali ed è quindi chiaro che a quattro giorni dalla chiamata alle urne l’esito del referendum rimane estremamente incerto. Ma l’Irlanda potrebbe tirare un bruttissimo scherzo all’Unione europea, con una conseguente scioccante battuta d’arresto per tutta la progettata riforma delle istituzioni Ue.
Nel giugno del 2001 l’Irlanda già spiazzò l’euro-nomenclatura, quando rigettò per referendum il trattato europeo di Nizza (poi approvato nell’ottobre del 2002 ad un secondo referendum) ed è possibile che giovedì sia di nuovo tentata a fare da guastafeste.
La forza del “no” è senz’altro sorprendente se si pensa che un unico partito, il Sinn Fein, all’opposizione e con un seguito abbastanza limitato, si oppone alla ratifica del trattato di Lisbona mentre tutti gli altri partiti sono favorevoli. Tra l’altro l’Irlanda è uno dei Paesi che più ha beneficiato delle sovvenzioni Ue per l’impetuoso decollo economico dell’ultimo decennio e se è uscita da una storica, endemica povertà lo deve, dunque, in una certa misura, proprio a Bruxelles.
Malgrado il posizionamento della classe politica e il riconoscimento del ruolo dell’Europa nella crescita il “no” attira moltissimi irlandesi perché è percepito come un voto di protesta e nemmeno a Dublino mancano le ragioni per dar sfogo al malcontento, in particolare nei confronti della massiccia immigrazione degli ultimi anni.
Molto impegnato nella campagna per il sì il neo-premier irlandese Brian Cowen ha sferrato un violento attacco contro le associazioni e i movimenti che chiedono bocciatura del trattato di Lisbona in quanto giudicano eccessiva la concentrazione del potere a Bruxelles e agitano lo spettro di “una militarizzazione della comunità europea” o di “ulteriori privatizzazioni”. Cowen ha sostenuto che la campagna del no è intessuta di “inaccuratezze ed assurdità” e ha insistito sul tasto che il trattato sarà di grosso beneficio per l’Irlanda e che non è realisticamente possibile negoziarne uno migliore. Finora però il neo-premier non è sembrato in grado di influenzare l’opinione pubblica e non ha certo giovato alla causa europea il fatto che lui stesso ha ammesso di non aver letto nella sua totalità le 346 macchinose pagine in cui si articola il trattato di Lisbona.
Fabiana Cammarano

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