RCS, SCONTRO SULLA RICAPITALIZZAZIONE. DA GESTIRE DEBITO CON LE BANCHE. E INTANTO IL CORSERA BALZA A 1,70 EURO

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I vertici di Rcs Mediagroup, la società che controlla il Corriere della sera e la Gazzetta dello Sport, non sono pronti per la ricapitalizzazione. Servono 400 milioni entro luglio per assicurare la continuità aziendale. Ma gli azionisti non sono d’accordo. Si pensa ad uno forte sconto sul valore di mercato delle azioni. E come se non bastasse c’è anche da riscadenzare il debito con le banche. Le quali vogliono garanzie proprio sulla ricapitalizzazione. Lunedì ci sarà l’assemblea degli azionisti e dei soci del patto di sindacato. Intanto il bilancio del 2012 vede un “rosso” di 400 milioni. L’ad di Rcs, Pietro Scott Jovane, sta definendo il piano di ristrutturazione triennale che prevede la trasformazione della società da editrice a compagnia multimediale, la razionalizzazione dei costi e l’ottimizzazione dei ricavi. Infatti l’ad e i vertici della società lombarda hanno deciso di aumentare il prezzo di copertina del Corriere della Sera, il quotidiano più redditizio del gruppo. L’aumento partirà oggi, ma sarà solo per due giorni a settimana: il venerdì e il sabato. In tali giorni il prezzo di copertina del quotidiano di Via Solferino sarà di 1,70 euro, inserti compresi (Sette e Io Donna), anziché i precedenti 1,50 euro. Per gli altri cinque giorni a settimana il costo sarà invariato: 1,20 euro. Tale scelta, avversata sia dalla direzione che dai giornalisti del Corriere della sera, pare sia maturata nel periodo pasquale. L’aumento del prezzo, stando agli ultimi dati dell’Ads (Associazione distribuzione stampa), che vede la diffusione media giornaliera delle copie cartacee a 411.400, dovrebbe portare nelle casse della società 82 mila euro in più a settimana. E annualmente il surplus consterebbe in 8 milioni.
Oggi ci sarà anche un incontro tra i vertici di Rcs e il comitato di redazione del Corsera. Si discuterà della riduzione del 5% degli stipendi dei giornalisti, dei 110 prepensionamenti voluti da Jovane e del taglio di tutti i benefit. E non sarà facile trovare la quadra della situazione.
Ma parliamo ora del problema principale di Rcs. Come detto in precedenza per garantire la continuità aziendale servono 600 milioni di euro: 400 da versare entro luglio, e altri 200 entro il 2015. La decisione, però, va presa subito. Altrimenti entro luglio potrebbero saltare oltre 800 dipendenti, sui circa 5.000 presenti in organico. Lunedì i soci del patto di sindacato e gli azionisti (non tutti gli azionisti appartengono al patto di sindacato di blocco e consultazione di Rcs che controlla da solo il 58% delle quote della società) cercheranno di mettersi d’accordo e provare a “smussare” i dissidi. Fino a qualche giorno fa si dava per certo l’adesione di quattro grandi soci (Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit, Ubi) alla ricapitalizzazione. Ma ora nulla è più certo. Le banche vorrebbero l’adesione all’operazione dell’80% del capitale. In soldoni: tutti devono contribuire. Si parla di una possibile azione mediatrice di Giuseppe Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa. Ma non sarà facile convincere tutti gli azionisti. E anche i facenti parte al patto non sono tutti d’accordo. Inutile dire che il tempo stringe. Per questo sarà cruciale la riunione di lunedì prossimo, in vista del cda e dell’assemblea dei soci che dovrebbero avvenire, rispettivamente, il 14 e il 15 aprile.
Tuttavia, ci sono anche altri questioni urgenti da affrontare. E sono tutte legate a doppio filo tra di loro.
Ad esempio, c’è il piano di ristrutturazione e sviluppo triennale (2013-15) messo a punto dall’ad del gruppo, Jovane, in attesa di conferme. Tale strategia prevede una trasformazione della società: da casa editrice in società multimediale. Infatti sono previsti, tra il 2013 e il 2015, 160 milioni di investimenti nelle nuove tecnologie. Si tratta di una somma pari al 4% dei ricavi preventivati. Il piano prevede che entro il 2015 la parte dei ricavi imputabile al settore digitale passo passare dall’attuale 9% al 21%: con un aumento in tre anni di 170 milioni. Nelle previsioni di Jovane, Rcs dovrebbe, entro il 2015, ritornare ai ricavi del 2012. Vale a dire attestarsi su 1,5 miliardi di euro di ricavi consolidati. Inoltre l’ad ha anche previsto delle ulteriori misure di razionalizzazione dei costi che farebbero risparmiare al gruppo 80 milioni nel 2013 e di 145 milioni nel triennio. Jovane prevede anche un forte investimento in Sudamerica. Anche se una parte del progetto sembra già saltato (visto che l’alleanza della controllata iberica di Rcs, la Unidad Editorial, con la spagnola Vocento è venuta meno).
Ma per andare avanti e sperare in profitti futuri bisogna immettere liquidità ora. Come detto in precedenza, però, nei piani alti di via Rizzoli la situazione appare complicata per l’immissione di denaro fresco. Molti soci hanno idee discordanti. Ad esempio la famiglia Benetton che possiede il 5% nel patto non è favorevole alla nuova immissione di liquidità. Poi c’è Diego Della Valle, azionista fuori dal patto con l’8,7% delle quote. L’imprenditore marchigiano vorrebbe anticipare lo scioglimento del patto stesso (che ha la scadenza naturale fra circa un anno, nel 2014). Il tutto per dare una sterzata alla governance del gruppo. In effetti anche Tarak Ben Ammar, consigliere di Mediobanca (primo azionista all’interno del patto), ha affermato che Rcs ha bisogno di un azionista di riferimento che faccia l’editore puro e che assommi a sé più responsabilità. Insomma: serve un solo “padrone” che decide. Ritornando ai “dissidi” sulla ricapitalizzazione anche altri soci come i Pesenti, la Fiat, i Merloni, Fonsai, la Pirelli, Unipol e Giuseppe Rotelli (che con il 16,5% delle quote, pari ad un investimento di 390 milioni, è il primo azionista fuori dal patto) hanno delle riserve. E lo stesso Rotelli pare abbia chiesto maggiori garanzie prima di investire nuovo denaro nel gruppo.
Per invogliare gli azionisti a ricapitalizzare potrebbe esserci uno sconto sul prezzo di mercato delle azioni di Rcs. Si è parlato del cosiddetto effetto “diluitivo”. Ovvero le azioni potrebbero essere vendute al 50% del loro valore di mercato. Addirittura si è ipotizzato anche al 77% in meno. E stando al valore di mercato attuale del titolo Rcs, pari a 0,87 euro (in calo del 35 da gennaio ad aprile), si arriverebbe ad un prezzo di 0,2-0,3 euro ad azione. Se così fosse chi non partecipasse alla ricapitalizzazione rischierebbe di vedere la propria quota di partecipazione nel gruppo fortemente ridotta.
La ricapitalizzazione è direttamente collegata alla rimodulazione del debito finanziario presso le banche che consta di circa 850 milioni di euro (in calo di 92 milioni dopo la cessione della casa editrice francese Flammarion). E qui si apre un altro “doloroso” capitolo. Rcs vorrebbe riscadenzare una cospicua parte del debito. Si parla di 575 milioni. Il tutto tramite tre linee di credito a scadenza medio bassa verso le banche che offrirebbero tale possibilità. Praticamente Rcs restituirebbe, già entro il 2014, 250 milioni. Tale cifra si otterrebbe tramite la cessione di assett non fondamentali (come Dada, la società che si occupa di servizi digitali di cui Rcs possiede il 54,6%). E per la parte restante avrebbe da due a cinque anni di tempo per ripianare il debito (ricordiamo che è ancora da definire la vendita di dieci periodici, avversata dai giornalisti, che farebbe rientrare altri milioni di euro). Ma le banche, prima di sottoscrivere il rifinanziamento del debito, attendono garanzie sulla ricapitalizzazione. La quale, come detto in precedenza, al momento, non è ancora definita.
A complicare ulteriormente la situazione ci sono state le dimissioni, nell’ultimo cda del 27 marzo, di Giuseppe Vita. Il quale ricopriva la carica di amministratore non esecutivo indipendente. Vita, presidente di Unicredit (uno dei maggiori creditori di Rcs), è anche consigliere di Axel Springer ( una casa editrice tedesca). «Mi ero impegnato con Unicredit a lasciare tutte le attività tranne che per Springer. Gli investimenti di Rcs sulla multimedialità (il gruppo di Via Rizzoli diventerà formalmente una compagnia multimediale anziché una casa editrice) creerebbe dei conflitti di interesse con la casa editrice tedesca». Vita ha motivato così la sua decisione.
Nell’ultimo cda è stata già approvata la bozza dei conti del 2012. Il bilancio di esercizio dovrebbe chiudersi con una perdita di circa 400 milioni e un debito di 850 milioni. E i primi mesi del 2013 hanno presentato un andamento negativo soprattutto per la mancanza, ormai cronica, di pubblicità. Ma anche per gli oneri di ristrutturazione. Nel Consiglio sono stati precisati anche i principali obiettivi del piano triennale. Il quale, come accennato in precedenza prevede, un forte investimento nella multimedialità e nelle nuove tecnologie. Inoltre sarà potenziato il reparto tv. E c’è anche un progetto per attivare delle piattaforme per l’e-learning, l’e-commerce e gli e-book (ricordiamo che Rcs è attiva anche nel settore librario e saggistico).
Ma per sperare nel futuro bisogna che i vertici di Rcs si mettano d’accordo al più presto.

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