Nonostante la ricapitalizzazione sia ormai garantita al 91%, e la fiducia nutrita nei confronti dell’operazione da parte dell’ad Jovane sia piuttosto alta, tra i soci del gruppo Rcs si respira aria di tensione. Alcuni azionisti, infatti, non avrebbero visto di buon occhio il piano finanziario. E già qualcuno ha lamentato l’esistenza di un conflitto di interesse perché, è stato fatto notare: “tra soci, banche creditrici e consorzio di garanzia ci sarebbero gli stessi istituti di credito”. Diego Della Valle non ha usato mezze parole: «L’operazione è stata gestita male. La ricapitalizzazione non ha futuro».
Ma procediamo per gradi e partiamo dall’inizio.
Nel cda di domenica 14 aprile, che ha assicurato, almeno sulla carta, la buona riuscita della ricapitalizzazione e la rinegoziazione del debito con le banche, i dissidi sono parsi subito evidenti. Paolo Merloni, consigliere e azionista, si è dimesso dal consiglio puntando il dito contro un piano di risanamento finanziario giudicato troppo “comodo” per le banche, e poco “appetibile” per i soci. Non a caso Merloni ha rinunciato a partecipare all’aumento di capitale.
Anche Italmobiliare, della famiglia Pesenti, non ha aderito (almeno per il momento) all’aumento. Gli imprenditori bergamaschi sembrano nutrire gli stessi dubbi di Merloni. Ed è probabile che decideranno solo in seguito il da farsi, quando, cioè, saranno stati resi noti tutti i dettagli dell’operazione. Primo tra tutti: il prezzo delle azioni stesse.
E poi c’è Della Valle. Il presidente della Tod’s sembra il più agguerrito di tutti. L’imprenditore di origini marchigiane ha mandato una lettera al cda per evidenziare la posizione “troppo trasversale” assunta da alcune banche. In effetti sia Mediobanca che Intesa Sanpaolo sono contemporaneamente azioniste di Rcs, ma anche sue creditrici. E vantano pure una rappresentanza nel cda. Allo stesso tempo, anche il consorzio di garanzia (che assorbirà un 41% delle azioni inoptate) fa riferimento alle banche socie (per quanto concerne Intesa e Mediobanca) ed a quelle creditrici. Per Della Valle, insomma, l’operazione è viziata da un conflitto di interesse. «La ricapitalizzazione è stata gestita malissimo. Inoltre il vecchio sistema [riferendosi al patto di sindacato che vincola il 58% delle quote di Rcs, ndr] sta crollando. E l’aumento di capitale non ha prospettive», ha dichiarato il patron della Fiorentina. Per l’imprenditore di Sant’Elpidio a Mare sarebbero le banche ad accaparrarsi lo sforzo delle ricapitalizzazione. E i soci, con l’eccezione degli istituti stessi, non vedrebbero fruttare lo sforzo economico prodotto.
In effetti la metà dei 400 milioni della prima parte di aumento (circa 200) andrà subito a sanare una parte del debito rinegoziato di 575 milioni che diventeranno, in tal modo, 375. Senza questo rimborso a brevissima scadenza, le banche creditrici non rinegozierebbero il debito totale. Quindi Rcs potrà contare, fino al 2015 (quando arriveranno altri 200 milioni) solo su 200 milioni per ristrutturare la società.
In base a ciò non si sa se Della Valle parteciperà o meno all’operazione. Di certo se il presidente della Tod’s si asterrà, la sua quota in Rcs perderà significativamente valore a causa dell’aumento “diluitivo” delle azioni. In soldoni: la ricapitalizzazione avverrà con un prezzo sensibilmente più basso rispetto all’attuale valore di mercato. Quindi le percentuali interne ed esterne al patto saranno probabilmente modificate alla fine della ricapitalizzazione. La quale è garantita, come detto in precedenza, al 91%.
Ad oggi, comunque, i soci del patto garantiscono il 50% dell’operazione. Non parteciperanno tutti i “pattisti” in quanto Assicurazioni Generali e Merloni hanno già rinunciato. Mentre Eridano, Sinpar e Italmobilaire sono ancora indecisi. Ma Fiat e Intesa sono pronte per sottoscrivere l’inoptato interno al patto.
Per quanto riguarda, infine, le eventuali azioni inoptate fuori dal patto, ci penserà un consorzio di garanzia che sottoscriverà 166 milioni di aumento, coprendo un altro 41%. Ecco che si arriva allora ad un 91% di ricapitalizzazione, sulla carta già assicurato. Le banche che si sono offerte di assorbire le azioni non ricapitalizzata dai soci sono Banca Imi (appartenente al gruppo Intesa), Centrobanca (Ubi), Bnp Paribas, Mediobanca e Banca Akros ( facente capo a Bpm). Si tratte degli stessi istituti creditori di Rcs. E se consideriamo il collegamento Imi-Intesa e Mediobanca anche nel consorzio di garanzia sono presenti banche azioniste. Ovviamente questo non significa nulla. Anzi, sotto un certo punto di vista tali banche farebbero anche un favore a Rcs, rilevando una cospicua parte dell’inoptato e contribuendo a garantire la ricapitalizzazione. Senza la quale, ricordiamolo, non sarebbe possibile rinegoziare il debito (arrivato a 850 milioni di euro), né tantomeno sarebbe assicurata la continuità aziendale e Rcs dovrebbe portare i libri contabili in Tribunale. A questo punto, meglio il soccorso delle banche. O no?
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