Gruppo Rcs: oggi è previsto “l’incontro del mese”. Ci sarà sia il Cda per l’esame dei conti semestrali, sia la riunione dei soci pattisti. È il primo incontro di rilievo dopo la ricapitalizzazione. E sia per il Consiglio, sia per i soci ci sarà molta “carne al fuoco”. Forse troppa. Il Cda deve fare i conti con le risorse disponibili per il piano industriale (vedi http://www.editoria.tv/editoria/rcs-solo-gli-spiccioli-per-il-piano-industriale-previsto-aumento-di-copertina-per-corsera-e-gazzetta-domani-cda-su-conti-del-semestre/); deve decidere la sorte dei giornalisti dei periodici in crisi. Invece i soci del patto di sindacato devono cercare di trovare un nuovo equilibrio gestionale. L’accordo parasociale, ormai, non ha più futuro così come è strutturato. Anche se i tempi di uscita sono lunghi. Infatti il patto scade a marzo del 2014, con le disdette da fare entro il 14 settembre. Mediobanca, Assicurazioni Generali e Merloni hanno già deciso di tirarsi fuori e vendere le loro quote (non prima della scadenza dell’accordo di “lock up” di sei mesi ad iniziare dall’avvio della ricapitalizzazione). Mentre Fiat, Intesa Sanpaolo e Mittel vorrebbero un accordo più libero: magari un patto di sola consultazione. Quindi più leggero. Sia per rappresentanza azionaria (che comunque non dovrebbe essere inferiore al 30% del capitale sociale) che per vincoli da rispettare. Il tutto senza “blocchi” precostituiti. E la riunione di oggi servirà proprio per cercare un compromesso condiviso.
In effetti se una quota consistente di azionisti uscirà dal patto, Fiat, con il 20,5%, risulterebbe in eccesso di posizione dominante. E in particolare, se la quota del Lingotto risultasse superiore ad un terzo del capitale sociale non avrebbe nemmeno senso la formazione di un patto parasociale.
C’è da considerare anche l’ipotesi di ingresso di Urbano Cairo (2,8%) e Diego Della Valle (8,99%) in un nuovo patto. In modo da “bilanciare” in parte l’uscita di altri azionisti. Ma di questa possibilità se ne discuterà in un altro incontro. Visto che oggi i soci esterni al patto non parteciperanno alla riunione.
Intanto dal punto di vista strettamente azionario i giochi sono fatti. Rimane solo un 2,8% del nuovo capitale sociale senza una nota titolarità. Molto probabilmente sarà di proprietà di più investitori. Infatti, nel caso una partecipazione superiore al 2% fosse stata rilevata da un singolo soggetto, questo avrebbe dovuto comunicarlo alla Consob. E così non è stato. Tuttavia c’è ancora chi pensa che dietro il pacchetto senza titolarità ci sia la presenza indiretta di Urbano Cairo. Il quale nelle scorse settimana ha già rilevato il 2,8% di Rcs, investendo circa 15 milioni di euro. In ogni caso il quadro azionario, come detto in precedenza, è chiaro.
Tutti gli azionisti “stabili” del gruppo di via Rizzoli hanno comunicato ufficialmente le loro quote in Rcs in seguito all’aumento di capitale (conclusosi al 92,73% con 409,9 milioni su un massimo previsto di 421). Dai numeri emersi si evince che la percentuale del nuovo capitale sociale di competenza degli azionisti “forti” si aggira sull’80%. E di conseguenza il flottante (la parte di azioni appannaggio del libero mercato) è del 20%. Mentre prima della ricapitalizzazione gli azionisti possedevano oltre l’88% delle quote. Con un flottante quasi dimezzato al 12%. Ciò è dovuto al fatto che alcuni soci “storici” non hanno aderito all’aumento; oppure hanno partecipato ricattando solo una parte della loro quota.
Sempre in tema di percentuali e di quote, bisogna precisare che il patto di sindacato ha aumentato la percentuale di capitale vincolata. Si è passati dal 58% ad oltre il 60%. Ciò è dovuto soprattutto alla Fiat. La quale ha quasi raddoppiato la sua quota dal 10,5% al 20,5%. Infatti il Lingotto ha investito in Rcs circa 90 milioni di euro. E l’ad della società torinese, Sergio Marchionne, ha definito “strategica” la partecipazione nella società che edita il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Una affermazione, quelle del manager della Fiat, che ha sollevato molti dubbi e perplessità.
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