RCS, LA RICAPITALIZZAZIONE E LE QUESTIONI IRRISOLTE. ANCORA SOCI “INDECISI”. IN BILICO VENDITA PERIODICI

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Cda Rcs Mediagroup: approvati i conti, ripianate le perdite, ridotto il capitale sociale. Per la ricapitalizzazione saranno emesse anche delle nuove azioni di risparmio del valore di 100 milioni di euro. Ma sono ancora da definire il prezzo dei nuovi titoli. E alcuni soci sono ancora indecisi se partecipare o meno all’aumento di capitale. In bilico anche la vendita in blocco dei dieci periodici. Si proverà a venderli singolarmente. A buon punto la dismissione della partecipazione in Dada.
Ma procediamo con ordine.
Il cda di domenica scorsa è durato più di cinque ore e si è tenuto nell’immobile (in vendita) di via San Marco. C’era “tanta carne” al fuoco: il piano di emissione delle nuove azioni, l’approvazione dei conti del primo trimestre del 2013, l’appianamento delle perdite tramite la riduzione del capitale sociale e l’accorpamento delle azioni ordinarie.
Tuttavia sono ancora da definire molti “dettagli” fondamentali. Tra questi i termini della ricapitalizzazione. È certo che questa avverrà in due tempi: 400 milioni entro luglio (più 100 milioni di nuove azioni di risparmio) e 200 nel 2015. Dunque il valore complessivo dell’aumento di capitale è già noto. Ma non si sa ancora quante azioni saranno emesse e a che prezzo. Questi nodi saranno risolti a ridosso dell’operazione. E, probabilmente, pochi giorni prima l’avvio dell’aumento, i soci minori ancora indecisi chiariranno la loro posizione. Ricordiamo che Italmobiliare (7,4%) dei Pesenti, Eridano Finanziaria (1,2%) e Sinpar (2%) potrebbero ancora decidere di aderire alla ricapitalizzazione. Così come tutti i soci fuori dal patto (ad esclusione di Edizione Srl di Benetton) non hanno ancora una posizione definitiva. Parliamo, dunque di Diego Della Valle (8,7%) e di Giuseppe Rotelli. Di particolare importante sarà la posizione dell’imprenditore delle sanità, che è il primo azionista con il 16,6% dei diritti di voto.
Rimane irrisolta la vendita in blocco dei 10 periodici di Rcs. Non sono pervenute offerte serie. Anche l’editore digitale News 3.0 di Matteo Arpe e del fono Sator si è ritirato (la loro era comunque una offerta non vincolante). Urbano Cairo ha smentito ogni possibile interesse. Rimane ora la possibilità di venderli separatamente. Altrimenti Rcs, se non deciderà di tenerseli “in grembo”, potrebbe anche chiuderli. Con tutte le conseguenze del caso. Non nemmeno più possibile concludere accordi di prepensionamento con i giornalisti a rischio, visto che l’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti) non ha più fondi.
Sembra ad un buon punto la dismissione della partecipazione del 54% in Dada (società per i servizi Internet). È già stata aperta una “data room”. Ci sono degli interessati. Tra questi anche uno dei “rivali” di Dada per i servizi in rete, Aruba. La cessione della partecipazione potrebbe fruttare più di 50 milioni ad Rcs.
Invece, tra le “cose” già concluse va annoverata l’approvazione dei conti, poco rassicuranti, del primo trimestre del 2013. Rcs ha perso 78 milioni di euro. Somma che si aggiunge ai circa 500 milioni lasciati nel 2012. E con l’aggiunta degli oneri non ricorrenti legati ai disavanzi di fusione e ai processi di efficientamento, pari 335 milioni, si arriva ad un buco di oltre 900 milioni. Il cda ha deciso di ripianare le perdite tramite la riserve, con 284 milioni, e la diminuzione del capitale sociale, che passa da 762 a 139,2 milioni. L’assottigliamento del capitale sociale ha comportato l’accorpamento delle azioni ordinarie in un rapporto di 20 a 3. Inoltre per quanto riguarda la ricapitalizzazione è stato precisato un particolare non di poco conto. La prima parte dell’aumento consterà in 500 milioni, di cui 400 di azioni ordinarie e 100 di azioni di risparmio (quelle destinate al mercato dei piccoli risparmiatori e che non danno diritto alla partecipazione nella società) di un nuovo tipo. Per quanto riguarda la seconda parte di 200 milioni, questa sarà affidata, tramite una delega, al cda che la effettuerà nel 2015.
C’è da dire che il consiglio di domenica scorsa non era al completo. Erano assenti Giuseppe Rotelli, Carlo Pesenti di Italmobiliare (presente anche nel consiglio del comitato remunerazione di Mediobanca) oltre ai dimissionari Andrea Bonomi (presidente del consiglio di gestione di gestione di Bpm, banca creditrice di Rcs) e Giuseppe Vita (rappresentate di Unicredit e consigliere dimissionario a partire dalla prossimo vertice). Ha invece partecipato Paolo Merloni, altro amministratore dimissionario dal prossimo board. Ricordiamo che Merloni ha lasciato il cda perché in contrasto con il piano dell’ad di Rcs, Pietro Scott Jovane. Gli argomenti di Merloni sono gli stessi di Della Valle: aumento troppo diluitivo; favorite le banche, penalizzati gli azionisti. Pare che Merloni avesse preferito una procedura di concordato preventivo piuttosto che l’attuale piano finanziario di Jovane.
Ad ogni modo la “strada” è già stata tracciata dall’ad di Rcs. La ricapitalizzazione ci sarà e avrà delle caratteristiche “diluitive”. Ma non si sa fino a che punto. E il debito è stato già rinegoziato con tre linee di credito.
Di certo la Rcs che uscirà fuori dalla ricapitalizzazione sarà una società molto diversa di quella attuale. Sia per i rapporti di forza che per l’intero sistema di governance. Assicurazioni Generali (attualmente con il 5,7% delle quote), Merloni (2%), Benetton (5%) avranno un peso minimale visto che non parteciperanno all’aumento, considerando che lo stesso aumento sarà molto “diluitivo” (ovvero le azioni saranno emesse ad un prezzo minore di quello attuale di mercato, già più basso del loro costo originario).

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