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RCS E I CONSIGLIERI CHE SI DIMETTONO. CONFLITTO DI INTERESSI: HA RAGIONE DELLA VALLE?

Come anticipato nei giorni scorsi da Editoria Tv, anche Andrea Bonomi si è dimesso dal cda di Rcs. Prima di lui, in ordine cronologico, hanno lasciato il consiglio Giuseppe Vita e Paolo Merloni. Il primo, presidente di Unicredit (banca creditrice di Rcs) e dirigente di Axel Springer (gruppo editoriale tedesco), ha dato le dimissioni durante il cda del 27 marzo per evitare conflitti di interessi. Merloni, invece, è apparso in netto disaccordo con il piano finanziario della società a suo dire troppo favorevole alle banche e punitivo per gli azionisti. Motivo per cui Diego Della Valle (azionista fuori dal patto con l’8,7% delle quote) sarebbe pronto ad avviare una azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.
Ma facciamo un passo alla volta. E partiamo dall’inizio.
Le dimissioni di Bonomi sono state comunicate il 19 aprile scorso con “effetto immediato”. Quindi Bonomi non parteciperà al cda in programma domenica prossima, che si preannuncia fondamentale per il futuro di Rcs. La ricapitalizzazione in quella sede, infatti, sembra garantita al 91%. Il debito con le banche è stato rinegoziato. E il piano di ristrutturazione triennale dell’ad, Pietro Scott Jovane, è stato approvato anche se con qualche “contrasto”. Inoltre è stato preso un accordo preliminare tra la società e il cdr del Corriere della sera (edito da Rcs) per gli esuberi. Tuttavia rimangono ancora irrisolti molti dettagli fondamentali. Bisogna ancora definire i dettagli della rimodulazione del debito con le banche. E va deciso il prezzo per l’aumento di capitale. “Particolari”, questi, che potrebbero influire sull’evolversi della ricapitalizzazione.
Ma ritorniamo alle dimissioni di Bonomi che rivestiva la carica di amministratore non esecutivo indipendente ed era anche presente nel Comitato per la remunerazione e le nomine e nel Comitato per lo sviluppo strategico. Tuttavia, il ruolo veramente “pesante” di Bonomi era quello ricoperto nel cda. «Non voglio avere conflitti. Sarebbe sbagliato impegnarmi in una situazione che potrebbe essere strumentalizzata», ha dichiarato l’amministratore dimissionario.
Bonomi, oltre ad essere il presidente di Investindustrial (un fondo di private equità specializzato nelle partecipazioni industriali), è anche componente del consiglio di gestione di Bpm (Banca popolare di Milano). E tale istituto è uno dei creditori di Rcs. Inoltre, la banca ambrosiana fa anche parte del consorzio di garanzia che si appresta a sottoscrivere il 41% delle eventuali azioni inoptate per un contributo di 166 milioni di euro alla ricapitalizzazione di Rcs.
Quindi il ruolo di Bonomi in Bpm non poteva essere del tutto “conciliante” con la carica che aveva in Rcs. Bonomi, infatti, come detto prima, era un amministratore non esecutivo indipendente. Una carica che si differenzia dalle altre in quanto non solo chi la detiene non fa parte della società che si viene ad amministrare (per questo si dice “non esecutivi”), ma deve anche avere determinati requisiti tali da garantire, solo ed esclusivamente, gli interessi della società e non quelli di parte degli azionisti o di terzi. Ecco allora, nel caso di Bonomi, spuntare fuori l’ombra del conflitto di interessi. E lui, con il suo gesto, ha voluto prevenirla.
In effetti già nello scorso cda del 14 aprile Bonomi aveva lasciato la riunione viste le relazioni tra il piano finanziario e la “sua” banca Bpm. Ed è circolata anche la voce (solo una indiscrezione) che, tramite l’Investidustrial, lui stesso fosse interessato ad entrare in Rcs a ristrutturazione avvenuta.
Bisogna dire, comunque, che Bonomi è uscito dal cda senza polemiche. Addirittura, prima di dare le dimissioni ha elogiato il piano di ristrutturazione dell’ad Jovane. Tutt’altre, invece, le motivazioni di Paolo Merloni, consigliere esecutivo e azionista (con il 2% delle quote nel patto con Merloni Invest), il quale ha lascito il consiglio proprio perché in disaccordo con il piano finanziario (ricapitalizzazione e rinegoziazione di parte di 575 milioni di debito) della società. Per Merloni il piano era troppo premiante per le banche e troppo punitivo per gli azionisti. Le dimissioni del consigliere-azionista sono state presentate durante il cda del 14 aprile e diventeranno effettive a fine mese.
Prima di Merloni e di Bonomi si è dimesso anche Giuseppe Vita. Il quale, come Bonomi, ricopriva la carica di amministratore non esecutivo indipendente. Anche Vita era “suscettibile” di conflitto di interessi essendo presidente di Unicredit, altra banca creditrice di Rcs. Ma Vita figura anche al vertice del comitato di sorveglianza di Axel Springer (una casa editrice tedesca molto attiva nel settore multimediale). «Mi ero impegnato con Unicredit a lasciare tutte le attività tranne che per Springer. Gli investimenti di Rcs sulla multimedialità [Rcs, secondo il piano di Jovane diventerà formalmente una compagnia multimediale anziché una casa editrice, ndr] creerebbe dei conflitti di interesse con la casa editrice tedesca», ha spiegato.
Restano ora nel cda di Rcs otto membri: il presidente Angelo Provasoli, i due vicepresidenti Roland Beger e Giuseppe Rotelli (primo azionista fuori dal patto con il 16,6% delle quote). Poi c’è l’ad Jovane. E ancora Fulvio Conti, Luca Garavoglia, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni e Carlo Pesenti, esponente di Italmobiliare (con il 7,4% delle quote interne al patto). Bisogna dire che Pesenti è anche consigliere del comitato remunerazione di Mediobanca (istituto che è socio pattista al 13,7% e anche creditore per 50 milioni di euro nel confronti di Rcs). Si dimetterà pure lui?
Avrà forse ragione Della Valle (azionista con l’8,7% fuori dal patto) ad accusare la dirigenza di Rcs di conflitto di interesse? Per l’imprenditore marchigiano, come per Merloni, la dirigenza sta gestendo molto male la ricapitalizzazione. Per il fondatore della Tod’s ne risulterebbero favorite le banche. Inoltre il prezzo delle nuove azioni sarebbe troppo “diluitivo” (cioè basso). Infatti i titoli “nuovi” di Rcs potrebbero essere pagati 0,14 euro l’una (mentre il valore di mercato attuale è intorno ai 0,7 euro). E per questo che Della Valle ha minacciato una azione di responsabilità nel confronti degli amministratori.

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