Intesa Sanpaolo sarà decisiva per il futuro di Rcs. E di conseguenza lo sarà, a maggior ragione, Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di Sorveglianza dell’istituto di credito torinese. Tra il banchiere di origini bresciane e la società di via Rizzoli c’è un legame “storico”. Nel 1984, infatti, Bazoli, allora presidente del Banco Ambrosiano, visse da protagonista la fase del fallimento e poi quella del salvataggio della società.
Ma procediamo con ordine. E iniziamo dal presente.
Come detto in precedenza, Bazoli è il presidente del consiglio di Sorveglianza di Intesa. E quest’ultima è legata a doppio filo con Rcs. Per capirci: Intesa è socia pattista con il 4,9% delle quote. Inoltre è la prima creditrice del gruppo con una esposizione di 300 milioni di euro. Ha già fatto sapere che parteciperà alla ricapitalizzazione. E rileverà anche il 2,5% delle azioni inoptate interne al patto per un investimento ulteriore di 10 milioni. Sempre Intesa, poi, fa parte, tramite Banca Imi, del consorzio di garanzia delle banche che rileveranno le azioni inoptate per un valore di 182 milioni. Infine l’istituto torinese potrebbe essere decisivo per il buon esito dell’operazione di aumento. Infatti la banca piemontese potrebbe finanziare Giuseppe Rotelli, primo azionista di Rcs esterno al patto con il 16,6% dei diritti di voto, convincendolo a partecipare all’aumento. In effetti Rotelli per sottoscrivere la propria quota di nuove azioni dovrebbe sborsare circa 67 milioni. L’imprenditore milanese della sanità è però restio a investire nuove risorse. Ecco allora che spunta il ruolo di Intesa. La quale finanzierebbe (in parte o tutto) l’aumento di Rotelli. «Se dovesse chiedere aiuto valuteremo il da farsi. Rotelli è un cliente assolutamente solvibile», hanno dichiarato i vertici di Intesa (che lo scorso anno ha già garantito una fideiussione di 200 milioni per l’ospedale San Raffaele).
Quindi, con il sostegno della banca, Rotelli potrebbe aderire all’operazione. Ma soprattutto renderebbe l’aumento sicuro portando con sé il 16,6% dei voti favorevoli.
Ecco allora che Bazoli, ora tramite Intesa, potrebbe risultare decisivo per la salvezza e la continuità aziendale del gruppo. Il quale, senza ricapitalizzazione, rischia l’avvio delle procedure concorsuali (preludio al fallimento).
Ma ora facciamo un passo indietro. E andiamo al 1982. Quell’anno, Bazoli, in seguito al fallimento del Banco Ambrosiano, diventa presidente del Nuovo Banco Ambrosiano. Nel 1982 la Rizzoli (la Rcs di allora) aveva forti debiti nei confronti del Nuovo Banco e si trovava in amministrazione controllata. Bazoli, tutelando il proprio istituto, chiese allora alla società editrice l’immediato rientro dei fidi. Di conseguenza Rizzoli si trasformò in debitrice insolvente e le sue azioni furono sequestrate. Tuttavia nel 1984, dopo due anni di amministrazione controllata, anche grazie al Nuovo Banco diretto da Bazoli, la Rizzoli trovò una cordata di nuovi imprenditori, tra cui Fiat, Mediobanca e Mittel (società presieduta dallo stesso Bazoli) disposti a investire. E la società si salvò. La domanda a questo punto sorge spontanea: come finirà questa volta?
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