Si è appena conclusa la prima fase della ricapitalizzazione del gruppo Rcs. La più importante. È stato sottoscritto e garantito circa l’85% del capitale (pari a 409 milioni su un tetto massimo di 421 milioni). L’inoptato è quindi il 15% (pari all’11% del nuovo capitale sociale). Per la precisione le azioni ordinarie sono state sottoscritte per 339 milioni. Quelle di risparmio per 19,9. E poi ci sono da considerate i 49,4 milioni garantiti dal consorzio di garanzia.
Anche se molti equilibri possono ancora cambiare con le quote inoptate, una visione del nuovo azionariato di Rcs esiste già. Ad esempio chi non ha sottoscritto l’aumento (sia nel patto che fuori) si è fortemente diluito. Assicurazioni Generali è passata dal 3,7% allo 0,9%. Benetton dal 5% all’1%. Rotelli dal 16,6% (ex primo azionista) fuori dal patto al 4%. Merloni, dal 2% allo 0,5%. Poi c’è chi ha partecipato parzialmente, limitando la diluizione. Come (e non solo) Italmobiliare dei Pesenti, dal 7,4% al 3,7%.
Intanto, ieri, il valore delle azioni ordinarie ha perso l’1,28% scendendo a 1,23 euro. Un prezzo quasi uguale a quello deciso dal cda di Rcs per le azioni di nuova emissione. A Piazza Affari c’è stato un volume di scambi notevole. È stato trattato, in un solo giorno (l’ultimo disponibile prima dell’asta sui diritti inoptati), il 25% del capitale.
Dalla settimana prossima partirà l’asta sull’inoptato. Ci saranno cinque sedute, a partire da mercoledì. Ogni giorno verrà offerto il 20% dell’inoptato ogni volta. Poi, nel caso in cui rimarranno del azioni invendute, ci penserà il consorzio di garanzia. Ovvero un insieme di banche, tra cui Mediobanca e Intesa (quest’ultima tramite Banca Imi) che si è impegnata ad assorbire l’inoptato rimanente, fino a 182 milioni di euro. Tetto, che visto l’esito dell’aumento, non sarà minimamente avvicinato. Nel consorzio avrà un ruolo importante Intesa. La quale si è impegnata ad assorbire il 40% della quota garantita dallo stesso consorzio. Ma l’istituto non vuole aumentare la propria quota in Rcs, attualmente pari al 5%. Quindi terrà le quote solo temporaneamente.
Inoltre l’11 luglio è stato fissato il cda di Rcs. Il consiglio presieduto da Angelo Provasoli dovrà ragionare su quanto accaduto fino ad ora. Dai nuovi equilibri azionari alla vendita degli asset ritenuti non strategici. Come i periodici (una parte dei quali dovrebbe passare, sindacati permettendo, a Prs) e la controllata per i servizi Internet Dada. Per la quale è già stata aperta una “data room” e la cui vendita dovrebbe concludersi a settembre.
Ancora da definire il vertice per la fine di luglio. Diego Della Valle e Nagel premono per un incontro “plenario”, con tutti gli azionisti, pattisti e non. Intanto il patron della Fiorentina non molla. L’imprenditore marchigiano sta insistendo per avere delle garanzie. Mister Tod’s vorrebbe una revisione radicale del piano industriale ideato dall’ad di Rcs, Pietro Scott Jovane. Inoltre il presidente della Fiorentina auspicherebbe lo scioglimento anticipato del patto e il cambio della governance. Della Valle vorrebbe un azionariato di quattro o cinque azionisti: tutti intorno al 10%. A riguardo rimane lo scetticismo di John Elkann, presidente della Fiat. Il Lingotto ha già ricapitalizzato raddoppiando la sua quota. Ora al 20,123%.
Enrico Cucchiani, ad di Intesa Sanpaolo, e Alberto Nagel, ad di Mediobanca, hanno più volte sottolineato che dopo l’aumento si troveranno le soluzioni più opportune. I due manager non escludono lo scioglimento anticipato del patto di sindacato. Il quale ha naturale scadenza nei primi mesi del 2014. Ma con disdetta anticipata a settembre. Addirittura pare che Mediobanca voglia lasciare l’accordo parasociale. Per concentrarsi su obiettivi più prettamente bancari e finanziari. Ma, comunque, Piazzetta Cuccia non ha voluto diluirsi. Infatti l’istituto presieduto da Renato Pagliaro ha sottoscritto per intero la propria quota. E non ogni caso rimane tra i primi azionisti di via Rizzoli. Ha infatti un 15% del nuovo capitale sociale. Solo Fiat ne ha di più con il 20,123. E forse ci sarà Della Valle. Che, se dovesse decidere di acquistare tutto l’inoptato, passerebbe dall’ 8,7% (già riscattato) ad oltre il 20%. “Rinnegando” la sua idea di azionisti al 10%.
La situazione per la società che edita il Corriere della sera e la Gazzetta dello Sport non è certo tra le più semplici.
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