Rcs, al consorzio il 3,4% del capitale sociale. Il “tesoretto” di via Rizzoli sarà di 475 milioni

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sede Rcs, in via Rizzoli

rcsAumento Rcs, le banche del consorzio di garanzia hanno confermato la sottoscrizione di 14,7 milioni di azioni ordinarie pari al 4,68% delle azioni ordinarie di nuova emissione. E la loro quota nel nuovo capitale sociale sarà del 3,4%. Il controvalore complessivo ammonta a 18,2 milioni di euro. Tutto da decidere il futuro del patto. Arriveranno oggi i chiarimento chiesti dalla Consob a Urbano Cairo che ha rilevato il 2,8% delle nuove quote.
Ma procediamo con ordine.
Il contratto tra le banche del consorzio e Rcs risale al 13 giugno scorso. In base all’accordo gli istituti si impegnavano ad investire nel gruppo di via Rizzoli un massimo di 182 milioni. Poi, visto l’esito dell’aumento, è bastato un esborso di circa un decimo delle cifra massima. Ovvero 18,2 milioni. A Banca Imi (banca del consorzio del gruppo Intesa Sanpaolo) andrà il 40% dell’inoptato sottoscritto dagli istituti. Quindi circa l’1,4% del nuovo capitale sociale. Del pacchetto rilevato da Banca Imi ne beneficerà anche Intesa. La quale passerà dal 5,04% al 6,5% del nuovo capitale sociale. Anche se il surplus dell’1,4% risponde ad altre logiche di controllo.
Comunque, tirando le somme, il nuovo capitale sociale, alla fine della ricapitalizzazione di 409 milioni (su un massimo di 421 preventivati) ammonterà a 475 milioni. E per essere più precisi sarà costituito da 532 milioni di azioni. Tra queste ci saranno 424,9 milioni di azioni ordinarie, 29,3 milioni di azioni di risparmio di categoria A e 77,8 milioni di azioni di risparmio di categoria B (quelle di nuova emissione).
Ora, nei prossimi giorni (probabilmente mercoledì) Rcs dovrà depositare presso il registro delle imprese le carte dell’aumento. Da quel momento decorreranno i cinque giorni per la comunicazione da parte degli azionisti con una quota superiore al 2%, del 5% nel caso dei fondi.
Quindi si avrà la mappa definitiva dell’azionariato post-aumento.
Ma, in ogni caso, non ci dovrebbero essere grosse sorprese. Ormai i giochi sono fatti. Del 5,6% del nuovo capitale sociale rimasto senza titolarità il 2,8% è andato a Urbano Cairo. Quindi rimane solo un altro 2,8% senza “paternità”. E la probabilità che dietro questa quota ci sia un singolo investitore è bassa.
Ancora tutto da decidere, invece, il futuro del patto di sindacato (che vincolerà il 60% del nuovo capitale). Per il 31 luglio (la stessa data del Cda di Rcs che esaminerà i conti del semestre) è previsto un incontro dei soci. E non si sa ancora se vi parteciperanno i soli “pattisti”. Oppure si tratterà di una riunione plenaria. In ogni caso gli azionisti dovranno cercare di raggiungere un accordo che dia stabilità alla società. Fino alla settimana scorsa era solo Fiat (primo azionista con il 20,5% dei diritti di voto) a volere la prosecuzione dell’accordo parasociale. Anche con la possibilità di renderlo meno stringente. Ora alla politica gestionale del Lingotto sembrano essersi aggiunte Intesa Sanpaolo e Mittel. Entrambe nell’orbita di Giovanni Bazoli. Il quale è presidente del Consiglio di Sorveglianza della prima e presidente della seconda.
In ogni caso per la prosecuzione del patto occorre che vincoli almeno il 30% del capitale. E Mediobanca (secondo azionista con il 15,4% delle quote) ha già dichiarato che il 14 settembre presenterà la richiesta di disdetta. Infatti la banca presieduta da Renato Pagliaro vuole uscire del patto e vendere una buon parte delle sue quote (sempre aspettando l’accordo di “lock up” di sei mesi firmato prima della ricapitalizzazione). Molto probabilmente, insieme a Mediobanca, usciranno anche Assicurazioni Generali (che non ha partecipato all’aumento e si è diluita all’1%), Merloni (anch’esso diluito allo 0,55%). Quindi molto dipenderà dalla decisioni di Pirelli (5,4%), di Unipol (che ha erediterà la quota del 5,6% da Fonsai) e di Italmobiliare (3,8%).
Dovrebbero arrivare oggi i chiarimenti chiesti dalla Consob a Urbano Cairo. L’Autorità presieduta da Giuseppe Vegas vuole approfondire la genesi dell’operazione dell’imprenditore piemontese. In effetti Cairo, il 9 luglio, aveva smentito un suo ingresso nella società che edita il Corriere della sera e la Gazzetta dello Sport. Tuttavia, il 18 luglio, il neo-proprietario di La7 ha annunciato un investimento di 14,9 milioni di euro in via Rizzoli, tramite una società personale (quindi non con la Cairo Communication che possiede La7). L’imprenditore “della pubblicità” ha così acquisito il 2,8% del nuovo capitale sociale. Ora la Consob vuole sapere come e quando ha acquistato le azioni; a che prezzo le ha rilevate e se sia appoggiato a qualche intermediario finanziario. In altre parole gli uomini di Vegas vogliono appurare se Cairo ha “giocato d’astuzia”.
Intanto le azioni di Rcs, dopo il “tonfo” di mercoledì scorso del 5%, e dopo il “balzo” del 6% in seguito all’entrata in scena di Cairo, stanno continuando a guadagnare terreno. Piazza Affari le quota attorno a 1,228 euro ad azione.
Sempre in casa Rcs, il Corriere della Sera entrerà nei prossimi giorni in stato di crisi. Infatti giovedì è previsto un incontro al Ministero del Lavoro per formalizzare gli accordi già presi con i sindacati. Sono previsti 72 esuberi nei prossimi quattro anni tra prepensionamenti e cassa integrazione. Bisogna precisare che il quotidiano di via Solferino, pur accusando la crisi, è in buona salute. Insieme alla Gazzetta dello Sport è l’asset più prolifico del gruppo. Rispettivamente il Corsera e la Gazzetta sono il primo e il terzo quotidiano italiano per diffusione. Evidentemente scontano il fatto di essere controllati da una società in difficoltà economica. Che, non a caso, ha avuto bisogno di una ricapitalizzazione per garantire la continuità aziendale.

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