All’indomani della serrata di protesta di alcuni famosi siti tra cui Wikipedia
(versione inglese) contro i provvedimenti Sopa e Pipa promossi dal governo statunitense, altrettanto noti portali come Megaupload e Megavideo sono costretti alla chiusura.
Ma stavolta dietro l’oscuramento non c’è un atto volontario, l’arresto viene dall’Fbi che ha posto fine all’esistenza dei siti di streaming on line, rei di avere diffuso illegalmente in rete contenuti video, audio, senza autorizzazione e con violazione del copyright.
L’operazione ha portato all’arresto di Kim Schmitz, fondatore del sito Megaupload, con l’accusa di associazione a delinquere, riciclaggio e violazione del diritto d’autore.
Al concatenarsi di questi eventi che vedono schierati da una parte i garanti del diritto d’autore in rete e dall’altra i difensori della libertà di promulgazione dei contenuti in quello che ritengono essere uno spazio virtuale esulo da restringimenti, entra in gioco un terzo attore che risponde al nome di Anonymous.
Il gruppo di attivisti anonimi della rete ha risposto all’offensiva dell’Fbi con la stessa moneta con cui questi ultimi si sono scagliati contro Megaupload.
L’operazione battezzata «The Internet Strikes Back» ha visto il gruppo di mascherati del web attaccare il sito web del dipartimento della giustizia degli Stati Uniti ed in più sotto il mirino sono finiti anche i siti del «Recording Industry of America», della «Motion Picture Association of America» e della «Universal Music».
Al di là della miccia di rivendicazioni in rete che l’operazione dell’Fbi ha innescato, c’è l’effettivo paradosso innescato dalla stessa autorità di polizia: la chiusura di Megaupload che copriva circa il 5 % del traffico in rete, ha causato anche l’inaccessibilità a siti legali di condivisione di materiale audiovisivo, causando un danno dunque anche a chi fa un uso del web secondo norma.
La cronologia con cui si sono svolti i fatti porta ad un immediato collegamento tra la proposta delle leggi bavaglio del web: Sopa e Pipa, la relativa protesta con capofila Wikipedia e l’atto finale della sterzata drastica dell’Fbi che ha trovato in Megaupload il capro espiatorio di tutta la storia.
L’Fbi nega ogni correlazione tra i fatti, ma risulta difficile dubitare di un concatenamento degli accaduti, che al momento sembrano produrre solo effetti controproducenti per quanti esercitano in rete legalmente la libertà intellettuale.
Arianna Esposito
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