Rapporto Ocse sul digitale: l’Italia stenta su commercio elettronico e home banking

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 L’ultimo rapporto negativo sullo stato dell’economia digitale in Italia arriva dall’Ocse,  l’organizzazione internazionale per la cooperazione e per lo sviluppo. Dalla ricerca, che riguarda i paesi afferenti all’organismo, emergono note criticità del nostro paese in relazione alla diffusione di nuove tecnologie. Lasciando perdere le mancanze a livello infrastrutturale, di cui si fa un gran parlare ma non si agisce per colmarle, quello che preoccupa è il gap culturale. Il 32,4% degli italiani utilizza Internet per l’acquisto di beni e servizi, ma la media europea si attesta intorno al 57%. Le difficoltà del commercio elettronico nascono dalla scarsa alfabetizzazione digitale degli utenti, intesa come inclusione delle nuove tecnologie nella loro formazione.   C’è poi il problema legato  alla  sicurezza dell’e-payment. Nonostante la maggior parte dei siti che praticano e-commerce utilizzi  ricercate tecniche di crittografia persistono problematiche legate al furto dei dati appartenenti agli utenti. I raggiri si attuano principalmente con le cosiddette inserzioni-truffa,  che consistono nella mancata spedizione delle merci a seguito dei pagamenti. Le insidie del web, però, sono rese ancora più pericolose dalla cattiva preparazione degli utenti. Solo un terzo cambia con regolarità le impostazioni di sicurezza dei browser. Legata alla paura di frodi è anche la lenta diffusione del e-banking. Il 37% degli italiani ha un conto corrente online a fronte del 61% europeo. Eppure la digitalizzazione dei rapporti tra clienti e istituti di credito non può che portare vantaggi ad entrambe le parti.

Gli studi Ocse mettono a nudo un altro problema ampiamente discusso: l’arretratezza delle infrastrutture digitali appartenenti alla Pubblica Amministrazione. In questo caso anche la media europea è bassa (58%), ma in Italia scendiamo al 34%. Le cause sono da ricercare, oltre che nella già citata arretratezza culturale, anche nei ritardi del settore pubblico. Giova ricordare le difficoltà  di implementazione dello SPID, l’infrastruttura nazionale per l’accesso ai servizi digitali della PA.   Lo SPID passa di Governo in Governo, ma fatica a decollare.  La mancata registrazione dei dati relativi a soggetti pubblici e privati  blocca in partenza il processo di transizione dal cartaceo al digitale. Il Governo ha varato l’Agenda per la Semplificazione, che fissa come obiettivo l’attribuzione dell’identità digitale al 10% della popolazione entro il 2017.  Ma la battaglia è ancora lunga e dovrà essere combattuta a suon di decreti attuativi. Una tendenza correlata all’intera Europa è la preferenza dell’utilizzo di social network rispetto a servizi e rapporti con le istituzioni. In questo l’Italia eccelle, specialmente per quanto riguarda le connessioni mobili. Il 10% della popolazione non riesce a far passare un quarto d’ora senza collegarsi a Facebook o Twitter.

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