Rapporto I-com, lieve crescita per la banda larga in Italia. Ma la strada è ancora lunga

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 L’ultimo rapporto di I-com, pur evidenziando la debolezza dell’offerta italiana di broadband rispetto all’Europa, fornisce qualche segnale di ottimismo. Il numero di abitazioni connesse ad Internet con banda larga è passato dal 55% del 2012 al 68% dell’anno scorso. Si tratta del miglior incremento del periodo a livello europeo, considerando ovviamente gli ampi margini di miglioramento dello Stivale. Tredici punti percentuali che non fanno gridare al miracolo, ma sono certamente una buona base di partenza per più radicali cambiamenti. Rimane, però, ampia la disomogeneità territoriale. L’Emilia-Romagna, la regione più all’avanguardia, ha il 75% di abitazioni connesse. La Sicilia è all’ultimo posto (58%), ma non fanno meglio Campania e Puglia (60%) .

L’inefficienza della domanda

La presentazione del Broadband Index 2014 ha dato origine ad un dibattito sulle modalità di sviluppo delle reti di nuova generazione nel contesto italiano. Non è mancato il contributo di Agcom e Antitrust, rispettivamente rappresentati da Salvatore Rebecchini e Antonio Nicita. Le due Autorità hanno recentemente concluso un’indagine congiunta avente ad oggetto la situazione della banda larga nel nostro paese. Secondo esse la principale causa delle difficoltà italiane è rappresentata dall’assenza di coordinamento nel dibattito pubblico. Si punta il dito sull’inefficienza dell’alfabetizzazione digitale, intesa come inclusione delle nuove tecnologie nella formazione degli individui. Di sicuro il nostro paese si distingue per la più alta percentuale di over 60  totalmente incapaci di rapportarsi al fenomeno Internet. Per educare i più anziani sono necessarie opere di semplificazione, che possono arrivare solo dal settore pubblico. In primis con un miglioramento dell’e-government, il sistema di gestione digitalizzata della Pubblica Amministrazione, che renda più semplice e veloce la fornitura dei servizi.    E’ più difficile fornire agli over 60 una conoscenza del digitale non legata alla praticità delle azioni quotidiane, come per esempio si può fare con i cosiddetti “nativi digitali”, ragazzi cresciuti a pane e web. Eppure esistono disparità preoccupanti anche nell’alfabetizzazione dei più giovani. In questo caso devono essere le aziende ad investire sulle competenze digitali dei propri dipendenti,  anche per migliorare la loro produttività. Maurizio Decina, ex commissario dell’Autorità e professore emerito del Politecnico di Milano, ha messo l’accento sui ritardi nel funzionamento dello SPID, l’infrastruttura nazionale per l’accesso ai servizi digitali della PA.   Lo SPID passa di Governo in Governo, ma fatica a decollare.  La mancata registrazione dei dati relativi a soggetti pubblici e privati  blocca in partenza il processo di transizione dal cartaceo al digitale.

E l’offerta?

L’offerta è generalmente vista in maggiore salute rispetto alla domanda. Influisce sui giudizi degli addetti a lavori la  crescita della banda larga  mobile, resa possibile dagli investimenti di Fastweb e Vodafone.   Una voce fuori dal coro è quella di Saverio Tridica, direttore dei public & legal affairs di Vodafone, il quale ritiene che la scarsezza della domanda sia dovuta alla lentezza degli operatori nell’implementazione delle tecnologie di nuova generazione. La sua posizione, servizi migliori per un’accelerazione dell’inclusione digitale, è condivisibile. Tentativi di miglioramento della situazione attuale non devono essere rallentati da logiche di mercato controproducenti. La ventilata partnership tra Telecom e Metroweb darebbe origine a problemi di tipo concorrenziale, ma forse potrebbe realmente favorire lo sviluppo della banda fissa. Lo scenario di un monopolio naturale   sarebbe un prezzo accettabile da pagare per un effettivo incremento delle prestazioni. Almeno sulla carta il Governo Renzi sembra voler recitare un ruolo di primo piano nell’offerta, investendo cospicue risorse per garantire la connettività in tempi brevi all’85% degli italiani. La speranza è che il nuovo piano strategico non finisca come i precedenti. Seppellito da dichiarazioni di intenti e sottoprogrammi mai realizzati.

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