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Rapporto Censis sui media: come cambiano le abitudini degli italiani

Presentato a Roma il 12° Rapporto Censis-Ucsi sulla diffusione e l’utilizzo dei media. I dati emersi sono stati oggetto di riflessione e dibattito e, per alcuni aspetti sorprendenti, c’è da scommettere che sentiremo ancora parlare di questa interessante inchiesta presentata ieri alla Sala Zuccari del Senato.
Fortemente voluto da Mediaset, Rai e Telecom Italia il Rapporto illustrato da Massimiliano Valerii, responsabile del settore Comunicazione del Censis, accende i riflettori sull’utilizzo dei mezzi di comunicazione e di come gli italiani si fidino sempre più dell’imparzialità della rete piuttosto che della faziosità di alcune fonti tradizionali, giornali in primis.
Veniamo ai dati. Com’era prevedibile, il gradino più alto del podio è occupato dalla “vecchia tv” che raggiunge il 96,7% degli italiani anche se, all’interno di questa percentuale si include il 23,7% della web tv.
Al secondo posto si piazza la radio con un buon 83,9% della popolazione (il 4% l’ascoltano tramite internet o sul telefonino).
Per quanto riguarda i dispositivi di ultima generazione, preziosi veicoli mediatici, negli ultimi 2 anni sono praticamente raddoppiati: gli smartphone sono utilizzati da 1 italiano su 2 (ne sono possessori il 52,8% degli italiani), mentre per i tablet si registra il 26,6%. La crescita diventa ancor più significativa se analizziamo i dati relativi agli under 30: in questo caso la diffusione degli smartphone arriva ad un picco dell’ 85,7% e del 36,6% per i tablet, anche se solo il 5,2%  fruisce della banda larga.
Crescono ancora (e di parecchio) gli utenti sui social: metà della popolazione, il 50,3%, ha un profilo su Facebook (il 77,4% sono giovani), il 42% si connette ad Youtube e il 10,1% “cinguetta” su Twitter.
Si conferma il trend negativo (già emerso nelle indagini precedenti) per la carta stampata e i libri.
Gli italiani, anche quelli “occasionali” leggono sempre meno e, rispetto all’ultimo Rapporto Censis, si registra un calo pari allo 0,7% nonostante la crescita di coloro che preferiscono gli e-book (+3,7%): un aumento comunque contenuto, inferiore alle aspettative e alla media europea.
Ancora peggio fanno solo i giornali: se si esclude “la tenuta” di settimanali e mensili, sostanzialmente stabili, i quotidiani continuano la “caduta libera di questi ultimi anni” facendo segnare un  -1,6%, arginato soltanto dal +2,6% dei giornali on line.
Cambia anche l’approccio all’informazione: sono “migrati verso il web” il 4,9% in più degli italiani che in rete soddisfano l’esigenza di una vision politicamente meno schierata rispetto alla carta stampata.
Diverso lo scenario anche per quanto riguarda la reperibilità delle fonti: il 76,5% si rifa ai telegiornali, il 52% ai giornali radio, il 51,4% ai motori di ricerca, Google in testa, e il 43,7% sceglie Facebook.
Ancora una volta i dati mutano, a netto favore del web, se si prendono in considerazione gli under 30 che al primo posto mettono il colosso californiano di Zuckerberg con il 71,1%, al secondo Google con il 68,7% e solo in terza posizione i telegiornali con il 68,5%.
Indipendentemente dall’accesso alle news, il web viene utilizzato principalmente per fare shopping on line (43,5%), ricerca di prodotti e servizi (56%), home banking (46,2%), locations e strade (60,4%), ascoltare musica (43,9%), vedere film (25,9%), usufruire di servizi voip (16,2%).
Sorprende il risicatissimo 17,1% degli italiani che utilizzano la rete per connettersi alla PA, segno che la qualità dei servizi non non soddisfa pienamente il popolo degli internauti.

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