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RAPPORTO 2010 SULL’INDUSTRIA ITALIANA DEI QUOTIDIANI: DIFFUSIONE AI LIVELLI DEL 1939

Sono stati presentati ieri, nel corso della XIII edizione di WAN-IFRA Italia, la conferenza internazionale per l’industria dell’editoria e della stampa quotidiana, organizzata da WAN-IFRA, in collaborazione con FIEG e ASIG, e dedicata alla stampa industriale e alle nuove frontiere della stampa digitale, i dati più significativi del “Rapporto 2010 sull’industria italiana dei quotidiani”, elaborato dall’Osservatorio Tecnico per i Quotidiani e le Agenzie di informazione “Carlo Lombardi”.
Nella sua edizione completa, che verrà rilasciata nei prossimi giorni, il rapporto presenta un resoconto esauriente dello stato attuale dell’industria editoriale.
Un dato su tutti: la diffusione dei quotidiani è scesa al di sotto dei 5 milioni di copie giornaliere, cioè ai livelli del 1939, quando l’Italia era un paese prevalentemente rurale.
Gli investimenti pubblicitari sui quotidiani nel 2009 sono diminuiti del 16%. Dal 2000 al 2009 – sottolinea il Rapporto – la stampa quotidiana ha perso il 40% del fatturato pubblicitario, mentre i ricavi complessivi, nello stesso periodo, sono scesi del 20%.
In un contesto nel quale il tradizionale modello di business dell’impresa editoriale è entrato in crisi, il tema centrale del dibattito, dunque, si sposta sulla necessità di preservare il giornalismo di qualità, costoso ma “indispensabile per il corretto funzionamento di una democrazia matura”, ha aggiunto Di Giovanni, evidenziando il paradosso che caratterizza l’attuale business editoriale: “l’informazione – afferma il Presidente dell’Osservatorio – è oggi la ‘merce’ basilare che domina il mondo digitale, il carburante che alimenta la rete. Solo che, una volta che viene immessa sulla rete, l’informazione in quanto tale diventa una commodity, una merce senza valore, una sorta di “rumore di fondo” utilizzato come elemento di contesto e supporto di credibilità per veicolare opinioni, discussioni, commenti, e per vendere prodotti, servizi, pubblicità”.
Eppure, questa informazione, che agli occhi dell’utente, appare altrettanto gratuita dell’acqua “che sgorga dalle fontanelle pubbliche”, ha un costo non indifferente, essendo prodotta, nella maggior parte dei casi, da redazioni tradizionali, la cui sopravvivenza dipende ancora dai classici canali delle inserzioni pubblicitarie e delle vendite di copie cartacee più che dalle edizioni web, dai tablet o quant’altro. Da questo paradosso nascono ulteriori criticità, che vanno dalla necessità di difendere il valore del prodotto editoriale a quella di tutelare la proprietà intellettuale e di ridistribuire le risorse.

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