Rampi sicuro sulla riforma dell’editoria: Legge entro l’estate

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2009

Il direttore della Voce di Rovigo Pier Francesco Bellini intervista Roberto Rampi, parlamentare Pd, relatore alla Camera del provvedimento sull’editoria: “Si tratta di un passaggio epocale perché fissa risorse e criteri certi su chi ha diritto ai finanziamenti”

Pier Francesco Bellini* – La Voce di Rovigo del 09/03/2015

Quando ci vuole ci vuole. E con i tempi che corrono, quando un politico è di parola bisogna dargliene atto. E’ passato quasi un anno da quando, un sabato pomeriggio, l’onorevole Roberto Rampi, relatore alla Camera della legge di Riforma dell’editoria, si palesò nella nostra redazione. Una gradita visita di cortesia e di lavoro, per vedere all’opera una delle redazioni di quei quotidiani locali di cui tanto si parlava a Roma nell’ambito della legge di riforma, e di cui poco – sempre a Roma – si sapeva (e si sa). L’incontro si concluse con un impegno (“La riforma entro un anno”) e una promessa (“Se mantiene facciamo un’altra intervista”). La riforma è stata approvata qualche giorno fa alla Camera in prima lettura, e proprio ieri è stata trasmessa al Senato per proseguire nel proprio iter.

Onorevole Rampi, dopo un anno di lavoro in Commissione Cultura, è dunque arrivato il primo “sì” della Camera alla Riforma della legge sull’editoria. Ci credeva veramente, quando ha iniziato ad operare su questo settore, di riuscire a portare a casa il risultato in questi tempi?
“Devo dire di sì. Ci ho sempre creduto perché ero convinto che i tempi fossero maturi e che si fosse creato un consenso molto ampio attorno alla proposta. Un consenso che è anche più ampio rispetto a quello emerso poi al momento del voto. Insomma: alla Camera c’era, è c’è, un sentimento diffuso sulla necessità di questa riforma. Spero che al Senato si proceda sulla stessa lunghezza d’onda”.

L’iter della legge prevede a questo punto la discussione in Senato e un possibile secondo passaggio alla Camera. Io ci riprovo, visto che la prima volta è andata bene: può indicarci, a suo parere, quale sarà la tempistica da ora in poi per arrivare all’approvazione definitiva?
“Noi abbiamo consegnato al Senato una legge sulla quale abbiamo lavorato molto, su cui si è intervenuti di cesello fino all’ultimo minuto. Certo, migliorare le cose è sempre possibile. E saranno i senatori a decidere se e come intervenire. Da parte nostra posso dire che, nel caso di modifiche e di ritorno alla Camera per la seconda lettura, ci siamo presi l’impegno ad approvare la riforma così come ci verrà consegnata. Perché ci sono casi, e questo è uno, in cui bisogna fare come sempre bene, ma anche un po’ in fretta. Mi piacerebbe, lo ammetto, che la riforma dell’editoria diventasse legge prima dell’estate. O al massimo subito dopo le ferie. Senza volere in alcun modo intervenire sul lavoro del Senato, questi sono i termini. E ci sono tutte le condizioni per raggiungere l’obiettivo”.

Parliamo di questa riforma per certi versi epocale. Quali sono i cardini su cui si basa?
“Con questa riforma si entra definitivamente nell’era del digitale, affiancando ai giornali di carta anche le nuove iniziative on line. Poi finalmente viene fatta chiarezza sui criteri di assegnazione dei finanziamenti e sulla platea di chi ne ha diritto. Infine è stato fatto un lavoro che mira a individuare l’editore puro, le cooperative di giornalisti e l’editoria locale eliminando dalla platea degli aventi diritto gli altri soggetti. In tanti, mi si permetta una battuta politica, non hanno voluto vedere questo grande passo in avanti che è stato compiuto rispetto al passato. Senza dimenticare che, dopo anni, si riapre la possibilità di fare impresa nel mondo dell’editoria, con gli aiuto alle giovani imprese anche on line e con la diminuzione del tempo necessario per ottenere i finanziamenti. Sono novità importanti. Certo, margini di miglioramento come sempre ce ne sono. E capisco che qualche problema per la piccola editoria resti. Ma forse per la prima volta ci sono principi sanciti in maniera netta e chiarezza sulle risorse, lasciando al tempo stesso lo spazio all’esecutivo, attraverso la delega ottenuta dal parlamento, per correggere eventuali errori”.

Mi ci ha portato lei… Veniamo allora ai punti dolenti, perché qualcuno resta. Prendiamo l’ampia delega attribuita al governo per la definizione dei criteri di attuazione, in particolare per quello che riguarda i finanziamenti all’editoria. Una libertà di manovra notevole, ad esempio per quanto riguarda la definizione degli scaglioni del venduto su cui verranno determinati i contributi (ma non solo), e che molti definiscono un po’… eccessiva. Non crede?
“No, non ritengo eccessiva la delega attribuita al governo, anche perché la legge fissa degli obiettivi chiari e ben definiti. Il parlamento ha svolto la funzione di indirizzo che gli è propria, mentre al governo è affidato il compito di declinare quei principi nella pratica avendo anche, come detto, la possibilità di apportare correzioni per eventuali errori. Se il risultato non è quello sperato e indicato dal parlamento si potrà sempre intervenire per decreto. Ma non credo sarà necessario. Il lavoro svolto è stato molto approfondito, anche grazie al contributo del personale della struttura tecnica del Dipartimento per l’informazione, che è particolarmente competente. Perché, facendo un discorso più generale, io sono convinto che un buono Stato sia fatto dal lavoro dei politici ma anche dal contributo di tecnici competenti”.

Secondo punto dolente, tanto per rimanere in tema e per non farci mancare niente. Legare i contributi all’editoria esclusivamente alle vendite e fissare un tetto non superiore al 50% dei ricavi (lasciando all’esecutivo attuale e a quelli futuri solo la possibilità di diminuirlo), senza distinguere tra giornali locali e nazionali, non significa penalizzare i giornali locali e delle minoranze rispetto alla stampa nazionale? In fondo il contributo è fondamentale per l’editoria più debole proprio perché locale e dunque insita su bacini limitati come potenziale utenza…
“Dipende da come si valuta questo tetto del 50%. Per alcuni, è emerso anche nella discussione in parlamento, si tratta di una soglia fin troppo elevata. Per altri no. A noi è sembrato un punto di ragionevole equilibrio, perché in pratica significa: tu editore locale, o cooperativa di giornalisti hai le potenzialità per farcela. Ecco allora che io posso aiutarti fino ad un tetto pari al 50% dei ricavi. Questo è l’obiettivo da raggiungere. Io credo che ci possano arrivare in tanti, anche sfruttando gli aiuti previsti per la nuova editoria digitale”.

Mettiamo però per ipotesi che un domani ci sia un governo espressione di forze fermamente contrarie ad ogni tipo di contributo pubblico alla piccola editoria (ad esempio M5S): questa libertà di manovra lasciata all’esecutivo di turno non significherebbe automaticamente la fine dell’editoria locale che invece con questa riforma si sostiene di voler difendere anche a norma della Costituzione?
“Non è con una legge che si tutela un mondo come quello dell’editoria. Noi dobbiamo costruire una grande alleanza fra i cittadini e i loro giornali: questa è la vera garanzia per il futuro. Ha citato i Cinque stelle. E’ un po’, se mi si consente il paragone ardito, come quando si parla di stranieri. Tutti si dicono preoccupati o contrari ad ogni convivenza, poi quando ne conoscono uno, magari come badante dei genitori o come operaio dicono: però è un’eccezione. Per la legge sull’editoria è successo un po’ così: molti si sono scagliati contro ogni aiuto all’editoria, anche locale. Ma poi se gli spiega che ad essere coinvolto sarebbe anche il giornale della propria città, quello con cui hanno rapporti quotidiani, ecco che il punto di vista cambia… Con questo voglio dire che non è e non sarà mai una norma di legge, che ogni maggioranza potrà cambiare, a tutelare un mondo come quello dell’editoria, ma la crescita della consapevolezza che questo mondo riveste un’importanza fondamentale per il pluralismo”.

L’approvazione della Riforma è arrivata nelle stesse ore in cui è stata annunciata la fusione societaria Espresso-Itedi, da cui nascerà il più grande raggruppamento editoriale italiano operante in tutti i settori, dai quotidiani nazionali e locali a internet, dai periodici alle radio… Questa notizia, oltre ad avere oscurato l’approvazione della riforma, cosa comporta dal punto di vista politico? Vista dalla provincia, è un motivo in più per aiutare la stampa locale ad essere sempre più la voce dei territori, e a non lasciarla in balia di una situazione in cui rischierebbe di venire schiacciata dai colossi… Lei cosa ne pensa?
“La mia cultura politica, fin dai giorni dell’acquisto di Bompiani da parte di Mondadori, mi porta a preoccuparmi perchè considero che gli agglomerati rischino di essere pericolosi per il pluralismo e la democrazia. Per fortuna nel nostro Paese esiste un’Antitrust che ha tutti gli elementi per giudicare ed eventualmente, se ne ravviserà le condizioni, per intervenire. Di certo mi dispiace che questa concomitanza abbia portato a perdere di vista e a non attribuire la giusta importanza ad una legge come quella che abbiamo approvato alla Camera. Adesso la parola passa al Senato. In quella sede, se sarà possibile, si potranno trovare anche ulteriori risorse. Come sempre, si può fare di più e meglio. Ma il passo in avanti che abbiamo fatto è stato decisivo”.

*direttore.ro@lavoce-nuova.it

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