La Camera boccia definitivamente la proposta del Movimento 5 Stelle sull’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria.
La discussione in Aula si era aperta alla fine di settembre quando era emerso che la maggioranza della commissione Cultura fosse contraria all’abolizione in toto delle norme attuali, anche se tutti i membri si erano detti d’accordo sulla necessità di grandi cambiamenti in nel comparto dell’editoria.
Un emendamento di Sel, con il parere favorevole del governo, sopprime interamente il primo articolo del ddl dei 5 stelle, quello che prevedeva di eliminare il finanziamento al settore.
All’indomani del voto alla Camera, il deputato Pd e componente della commissione Cultura Roberto Rampi, che già lo scorso mese aveva riferito negativamente in Aula sulla proposta dei grillini, ci spiega le criticità della proposta del Movimento 5 Stelle che hanno portato alla bocciatura del testo: “hanno proposto al Parlamento di uccidere 200 piccole testate locali che oggi vivono con un parziale contributo pubblico a fronte della dimostrazione che hanno copie vendute, introiti pubblicitari, un bilancio solido e che assumono i giornalisti”.
In primo luogo il deputato Pd critica il metodo dei pentastellati, che “anche se sono espressione del 25% dei voti (come dicono loro), per far passare una legge in democrazia hanno bisogno almeno del 51% dei consensi. Questa loro scelta di non discutere con nessuno, di non tenere conto delle ragioni degli altri, di approcciarsi come se avessero la verità in tasca è la dimostrazione di un modo inutile ed inefficace di esercitare il proprio ruolo in Parlamento”.
I grilini, prosegue Rampi, “hanno raccontato di aver sentito i cittadini, i loro militanti e di averli fatti esprimere sul testo. Ci hanno raccontato di aver ricevuto 4.500 commenti totali, tra cui 3.000 suggerimenti e 630 integrazioni. Questo però è il Parlamento di un Paese che ha alcuni milioni di abitanti. A me fa molto piacere che abbiano coinvolto i loro iscritti, tutte le forze politiche lo fanno, però poi bisogna confrontarsi con il resto del mondo”.
Il Pd ha presentato una sua proposta di legge, dice ancora il deputato, che prevede la riforma di tutto il settore perché il testo del Movimento 5 Stelle “era composto da sole norme abrogative e c’era tutta una serie di errori. A dirlo non sono solo io, ma lo dimostra il fatto che loro stessi hanno presentato degli emendamenti per correggerlo. Questo dimostra che forse non l’hanno steso con grandissima cura. Hanno raccontato in Aula che il testo nasce nel 2008, ma le regole sull’editoria sono cambiate nel 2010: si trattava di un testo che già in partenza non avrebbe potuto funzionare”.
“Noi abbiamo messo in campo un testo su cui potersi confrontare. Non dico trovarsi tutti d’accordo, ma almeno in gran parte, perché rispecchia l’obiettivo di rivedere le norme accentuando la trasparenza e la correttezza, scommettendo sopratutto sui piccoli giornali locali e aprendo il campo alle iniziative nuove, dei giovani, delle nuove voci che vogliono nascere. Tutte queste cose nel nostro testo ci sono”, ci spiega ancora Rampi.
Il deputato Pd poi prova a fare chiarezza su uno dei punti cardine dei disaccordi, la vera funzione del finanziamento pubblico: “In aula ho sentito ancora parlare dei grandi giornali, di Berlusconi, di Rcs, di Mondadori, dei giornali di partito, degli scandali… sono tutte cose che non c’entrano niente con il testo dei 5 Stelle. Loro hanno proposto al Parlamento di uccidere 200 piccole testate locali che oggi vivono con un parziale contributo pubblico dopo aver dimostrato copie vendute, introiti pubblicitari, un bilancio solido e regolare assunzione dei giornalisti. A fronte di questi elementi ricevono un contributo. Non si può fare il paragone con altri lavori perché non stiamo parlando di un bar, di un ristorante, di un negozio che ha come fine il profitto. Stiamo parlando della libertà di informazione e di soggetti, quelli che partecipano al bando pubblico, tutti non profit, quindi che non hanno come obiettivo il profitto”.
“Il problema grave – prosegue il deputato Pd – è che di tutte queste cose non si è parlato perché ci hanno raccontato solo una storia priva di fondamento. Ormai credo che il loro obiettivo non fosse ottenere un risultato ma farsi bocciare il provvedimento per raccontare, come stanno facendo, che i partiti comprano i giornalisti per far fare la grancassa del governo. A me sembra che se qualcuno andasse a leggere uno qualsiasi dei giornali che ricevono il finanziamento non troverebbe una riga sul governo. Di solito nelle loro pagine parlano di questioni che riguardano il territorio, la loro città. Mi spiace che i 5 Stelle non abbiano voluto parlare di questo, ma noi abbiamo adesso in campo la nostra proposta di legge e la discuteremo con tutte le altre forze, quindi anche con loro”.
Ma quando andrà in scena il prosieguo della discussione per il testo presentato dal Pd? “Noi pensiamo di riuscire a calendarizzare molto presto la proposta di legge, che resta una delle priorità. Qualche cosa la faremo presto ma anche qui, se i grillini avessero accettato l’abbinamento come succede normalmente in democrazia, noi magari avremmo già questi testi in Aula al massimo per la prossima settimana. Normalmente quando ci sono dei disegni di legge che si occupano della stessa materia in commissione vengono discussi insieme e poi si adotta un testo base che tiene conto, mediando, delle diverse proposte. In questo caso specifico loro hanno utilizzato una norma che garantisce alle opposizioni di poter portare comunque in Aula un testo per farlo votare e hanno impedito che il nostro testo venisse discusso insieme al loro per cercare di capire quale fosse un possibile punto di incontro. E hanno ottenuto la bocciatura dell’Aula”.
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