La Rai è ora a tutti gli effetti un’amministrazione pubblica. A valutarla in tale modo è stato l’Istituto italiano di statistica. Una statuizione derivata dai dettami di Eurostat, che ad agosto ha deciso di includere nel perimetro delle amministrazioni pubbliche anche le televisioni a controllo statale. Decisiva in tal senso è la mancata copertura dei costi di esercizio da parte di Viale Mazzini. Proventi derivanti da spot o vendita di programmi non bastano a coprire le spese. L’inserimento del canone Rai nella bolletta elettrica ha probabilmente avuto un ruolo rilevante nella presa di posizione dell’Europa. Ora la Rai rientra nel novero delle entità che possono contribuire a creare il deficit annuale e il debito strutturale dello Stato. La decisione dell’Istat ha scatenato il dibattito sull’identità giuridica della tv di Stato, che era stata disciplinata recentemente dalla legge 220/2015. Questo provvedimento stabilisce che la Rai, nonostante sia quasi totalmente sotto il controllo dello Stato, è assimilabile ad una società per azioni e pertanto è in regime concorrenziale con le altre aziende radiotelevisive private. Anche per questo motivo da Viale Mazzini attendono un aiuto da parte del Governo, che potrebbe prendere provvedimenti per modificare la decisione dell’istituto.
L’appartenenza alle amministrazioni pubbliche può essere un limite per la tv di Stato, che sotto diversi aspetti rischia di essere imbrigliata nelle maglie della burocrazia. L’art.3 della legge 220/15 concede diverse deroghe alla Rai in materia di contratti pubblici. La tv di Stato non è perciò tenuta a seguire la disciplina dettata dal dlgs 163/2006, il cosiddetto codice dei contratti pubblici. La pronuncia dell’Istat potrebbe porre fine alle corsie preferenziali per assunzioni, appalti e vendite di opere audiovisive. Altro nodo è il rapporto con la Consip, l’ente che sovrintende agli acquisti della PA. Una qualifica della Rai come amministrazione pubblica costringerebbe la tv pubblica a rallentare l’iter di acquisto di beni funzionali al servizio pubblico.
Nelle ultime ore il Cda della Rai ha espresso forte preoccupazione per la decisione dell’Istat. La presidente Monica Maggioni ha dato piena libertà d’azione all’ad Antonio Campo Dall’Orto, che ha tre mesi per compiere le azioni utili a modificare una situazione ritenuta dannosa per l’azienda. La Maggioni ha chiesto anche l’intervento della Commissione di Vigilanza per scongiurare il rischio della mancanza di operatività di Viale Mazzini. La tv pubblica ricorrerà alla Corte dei Conti, probabilmente con il sostegno dell’Ebu, l’organismo europeo che raggruppa i principali servizi pubblici radiotelevisivi. Un appoggio dovuto al comune interesse per le valutazioni dell’Europa, che in passato ha già equiparato tv pubbliche di paesi in grave deficit finanziario a beni statali. Il caso più eclatante è quello della tv greca Ert, chiusa nel 2013 per ridurre i costi della Pubblica Amministrazione.